Sfoglia il Catalogo ibs_8_awin_157_
<<<- Torna al MenuCatalogo
Mostrati 37401-37420 di 53464 Articoli:
-
Bande dessinée et littérature: intersections, fascinations, divergences
FR. Cet essai se penche sur les rapports entre bande dessinée et littérature en privilégiant les discours tenus par la critique, ou par certains praticiens relevant des milieux de la nouvelle « bande dessinée d'auteur », pour revenir sur la question longtemps débattue, et toujours pas résolue, de savoir ce qui distingue et ce qui rapproche ces deux modes d'expression. On y analyse les aspects techniques identifiés comme propres au « roman graphique » moderne (utilisation du noir et blanc, longueur dépassant le nombre de pages standard imposé par les éditeurs commerciaux, division en chapitres), pour en vérifier la pertinence à la lumière d'une comparaison avec d'autres traditions nationales que la franco-belge (en particulier la tradition italienne) et sur un laps de temps dépassant la période où l'on situe généralement leur adoption : les années soixante-dix. Une attention particulière est réservée au cas de Hugo Pratt, dont La Ballade de la mer salée et considérée comme étant le premier « roman graphique », ainsi qu'à la question des contraintes formelles et éditoriales, à la notion problématique de « bande dessinée adulte » et aux rapports de la bande dessinée avec les avant-gardes artistiques et littéraires. Au bout de ce parcours, on note, dans les débats opposant les tenants d'une bande dessinée résolument littéraire et les praticiens d'une BD populaire d'inspiration feuilletonesque, un décalque remarquable des arguments ayant opposé jadis les réalistes aux romantiques. La question du positionnement symbolique du médium au sein du monde de la culture semble alors prendre le dessus sur toute autre considération.EN. This essay deals with the relationship between “bande dessinée” and literature based on contemporary academic critical discourse, and on the writings of those authors belonging to the new wave of “literary bande dessinée”. Its goal is to delve once again into the vexing question of the differences and similarities between these two related but independent modes of expression. Certain technical aspects deemed typical of “graphic novel” aesthetics (the use of black and white, the length of the works, the use of chapters) are analyzed in comparison with national traditions other than the Franco Belgian one (in particular, the Italian tradition). This is followed by an analysis of the case of Hugo Pratt, who is widely considered the father of the “graphic novel” with his Ballad of the Salt Sea. Thereafter is a discussion of formal and editorial constraints, of the controversial notion of “adult bande dessinée” and of the relationship between “bande dessinée” and artistic and literary avant-garde movements. The conclusion notes the striking resemblances between present debates and those that opposed realist and romantic authors in the mid-nineteenth century. The real crux of the matter seems then to be the question of the symbolic positioning of “bande dessinée” within the cultural world. IT. Questo saggio esamina i rapporti tra fumetto e letteratura, privilegiando i discorsi sostenuti dalla critica o da alcuni addetti ai lavori ponendo l'accento sugli ambienti del nuovo “fumetto d'autore”, per ritornare sulla questione...
Sono geloso di questa città. Giancarlo de Carlo e Urbino
Questo libro racconta l'avventura dei primi vent'anni di lavoro di Giancarlo De Carlo a Urbino, una città che è stata per lui non solo il luogo dei suoi capolavori, ma anche una compagna di vita. A partire dalla metà degli anni Cinquanta, la Giunta comunale urbinate - guidata dal sindaco Egidio Mascioli - e il rettore dell'Università, Carlo Bo, lavorano insieme all'elaborazione di un progetto di rilancio economico della città affidato interamente al potenziale culturale dell'Ateneo. A Giancarlo De Carlo è assegnato il compito di tradurre tale programma in forme architettoniche, ampliando le strutture dell'istituzione, sia all'interno sia all'esterno del tessuto storico. Forte della discussione internazionale sviluppatasi intorno ai CIAM, i suoi interventi fanno di Urbino uno dei più significativi esempi di città-campus mai progettati in Italia nel XX secolo: lo sviluppo dell'Università coincide, cioè, con la crescita della città. Attraverso documenti inediti, il libro fa emergere la figura di un architetto che non si limita a tradurre in volumi e spazi i desiderata di un committente illuminato, ma li incastona in una strenua difesa della propria idea di città, confrontandosi anche con fenomeni inediti come la contestazione studentesca - alla base del suo pamphlet del '68, La piramide rovesciata, incentrato sull'esigenza di un rinnovamento dell'architettura per una più intensa partecipazione degli studenti alle trasformazioni strutturali della società. Ma sono soprattutto le vicende relative al Piano Regolatore (1954-1964), al primo brano dei collegi universitari sul colle dei Cappuccini (1960) e alla Facoltà di Magistero (1968), quelle che ci fanno capire come De Carlo avesse acquisito in quegli anni un'autorevolezza tale da consentirgli di guidare lui stesso la trasformazione culturale della città, divenendone il principale interprete. E non tralasciava nessuna occasione per ribadirlo: «Sono geloso di questa città al punto da non poter dormire la notte se altri la guardano con speranze possessive o, peggio, se le mettono le mani addosso senza capire la sua natura».
EUR 18.05
In nessuna lingua In nessun luogo. Le poesie in dialetto (1938-2009)
Questo libro inaugura la possibilità di una nuova lettura di uno dei grandi poeti del nostro tempo.\r\n«"In nessuna lingua in nessun luogo" raccoglie l'integrale della produzione in trevigiano del poeta di Pieve di Soligo, estrapolando i testi dai contesti originari e costruendo un vero e proprio "canzoniere" parallelo all'opera italiana» - Blow Up\r\nPer definire il dialetto, Zanzotto si è servito più volte dell'espressione che nei Vangeli e nell'Apocalisse designa il messia: logos erchomenos, "parola che viene", veniente - ha aggiunto - «di là dove non è scrittura né grammatica», parola che rimane per questo «quasi infante nel suo dirsi». Il dialetto non è, cioè, per Zanzotto, una lingua accanto alle altre, ma l'esperienza della stessa sorgività della parola, qualcosa come la struttura stessa del linguaggio nel suo nascere, nel punto in cui il parlante «tocca con la lingua (nelle sue due accezioni di organo fisico e sistema di parole) il nostro non sapere di dove la lingua venga, nel momento in cui viene, monta come il latte». Per questo la pubblicazione di tutte le poesie in dialetto di Zanzotto, qui raccolte insieme per la prima volta accompagnate dalla traduzione in lingua e con in più la straordinaria Ecloga in dialetto per la fine del dialetto, sfuggita alle sillogi precedenti, segna un evento importante nella storia della poesia italiana del Novecento. Se la poesia, secondo il verso di Filò che dà il titolo al libro, non è «in nessuna lingua, in nessun luogo», qui il poeta si misura in uno straordinario corpo a corpo con l'evento preistorico e immemoriale da cui proviene ogni poesia. Nota introduttiva di Giorgio Agamben. Prefazione di Stefano Dal Bianco.
EUR 18.05
Tesoretto dell'amico di casa renano
Nel 1811 è lo stesso Hebel a pubblicare in volume il Tesoretto, con una scelta delle sue prose. Il libro è sempre stato molto ammirato dai massimi scrittori di ogni tempo (tra cui Goethe, Kafka, Walser, Benjamin, Canetti) per la sua prosa garbata e di inarrivabile incanto.\r\n«Tratta di tutto: prose didattiche sugli animali e la natura, sull'astronomia e i fenomeni dell'universo, semplici storie popolari d'almanacco, genere molto diffuso nella Germania di allora» - Marco Filoni, Il Venerdì\r\n«La prosa di Hebel è incantevole: che inventi raccontini edificanti o ammannisca minime moralità quotidiane, si pone comunque sotto il segno di una grazia e di un candore in cui anche la didascalia conquista una levità d'arabesco» - Blow Up\r\n«Il fascino maggiore di Hebel sta nella sua capacità di parlare, con acutezza, delle capitali del mondo, e delle piccole città di provincia in cui trascorse la sua vita» - Alias\r\n«Le persone istruite non sanno poi tutto, e spesso vanno alla cieca»\r\n\r\nQuesto è un libretto da leggere un po' tutte le sere a letto, per addormentarsi poi estasiati e sereni. Sono le storielle che Hebel scriveva per un calendario molto diffuso soprattutto tra i bassi ceti sociali, «L'Amico di casa renano», con una lingua semplice, pulita, incantevole, che vuol farsi capire da tutti. Sono racconti di fatti insoliti, informazioni naturalistiche e astronomiche, insegnamenti per la vita di tutti i giorni, esercizi di calcolo elementare, casi di imbrogli e scaltrezze, disgrazie e straordinarie vicende, fatti storici e fatti insignificanti, aneddoti su personaggi famosi e non, sempre divertenti e che destano stupore.\r\nNel 1811 è lo stesso Hebel a pubblicare in volume il Tesoretto, con una scelta delle sue prose. Il libro è sempre stato molto ammirato dai massimi scrittori di ogni tempo (tra cui Goethe, Kafka, Walser, Benjamin, Canetti) per la sua prosa garbata e di inarrivabile incanto.
EUR 12.35
Movimenti del pensiero. Diari 1930-1932/1936-1937
I diari di Wittgenstein tornano finalmente alla luce.\r\n«In queste pagine private scopriamo un Wittgenstein intimo, tormentato dall'amore per una donna e da una tensione spirituale vertiginosa» - Il giornale\r\nI diari di Wittgenstein, scritti per metà a Cambridge fra il 1930 e il 1932, per l'altra metà a Skjolden, in Norvegia, fra 1936 e il 1937, fanno parte di un unico quaderno venuto alla luce solo nel 1996.\r\nLa prima parte coincide col ritorno di Wittgenstein alla filosofia, una sorta di riavvìo del suo pensiero immerso fra i referenti concreti della vita quotidiana. Le domande sul senso, la fatica e il tormento del filosofare, si affiancano a considerazioni esplicite sui personaggi che costellano la sua esistenza: Ramsey, Moore, Keynes, Bachtin, Loos (ma anche Freud, Kraus, Spengler); gli amici (Hänsel, Francis Skinner ecc.) e i familiari. Senza contare il confronto con la musica e i musicisti dell'epoca; le divagazioni sul cinema americano, persino sullo sport.\r\nIl secondo periodo dei diari è invece quello della solitudine norvegese (nella baita in cui redasse la prima versione delle Ricerche filosofiche); qui gli interrogativi di natura “morale” (spesso al limite dell'autoflagellazione), sfociano di continuo in questioni specificamente “religiose”, concernenti la “fede”, il significato della Bibbia ecc.; e tutto questo si riflette, sul piano formale, nell'inserto di passi, a volte anche lunghi, scritti in codice (un curioso dispositivo di intensificazione dell'espressione).\r\nAl di là dell'unicità di “genere” del testo (si tratta dell'unico diario “tradizionale” conservato di Wittgenstein), e delle informazioni inedite in esso depositate per i biografi, esso costituisce in primo luogo un ambito eccezionalmente consono al potenziale espressivo dell'autore. Soprattutto in questo senso si tratta di un unicum: la scrittura per aforismi si sente meno che mai debitrice verso la necessità del filosoficamente compiuto, del sistematico - dell'opera; aderisce in pieno, come deve, alle tonalità emotive che orientano momento per momento la vita di ognuno, e porta questo diario, come scrive Michele Ranchetti, a iscriversi nella «tradizione delle memorie d'anima della cultura tedesca, non strutturate per argomenti ma lasciate libere di corrispondere alla necessità di non perdere mai il rapporto del singolo con se stesso». Rapporto che è quello del pensiero con se stesso, di un pensiero che si rivela in grado di esprimersi, qui, con rara eloquenza quanto ai suoi più intimi “movimenti”.
EUR 15.68
Terre marginali. Agricoltura come nuovo umanesimo
È possibile elaborare per il Terzo Mondo un modello di sviluppo agricolo che sia fruttuosamente applicabile anche al Primo Mondo? Forse sì. E potremmo magari scoprire, in questo "modello comune", un'alternativa all'agricoltura intensiva guidata da criteri gestionali di tipo produttivistico. Il libro intende raccontare le economie del settore agroindustriale non dal punto di vista dei grandi centri di potere, bensì dalla specola delle "terre marginali". Questo sguardo nuovo nasce sul campo, dalle esperienze vissute dall'autore nelle periferie del mondo, tra colpi di Stato e attentati, in contesti culturalmente e religiosamente estremi. E nasce in particolare dalla costruzione di un progetto imprenditoriale - ben presto divenuto un esempio di sviluppo sociale - in una delle aree dell'Africa subsahariana in cui nascono le migrazioni. L'occhio di Caponetti è quello, umile e colto, di chi nella terra è nato e nella terra cerca un punto di partenza per lo sviluppo socioeconomico, sia locale che globale, ma lo sguardo che lo anima non arretra di fronte ai problemi materiali: dalla denuncia dei finanziamenti pubblici "a pioggia", ovvero di tipo assistenziale, al problema del copyright sulle sementi, dalla miopia della cultura occidentale, che produce "asset" che invecchiano inutilizzati, al feticcio del "green business", criticato anche da Gilles Clément in "L'Alternativa ambiente". Alla chiara denuncia delle colture industriali intensive, figlie della modernità occidentale, si affiancano però abbozzi di modelli alternativi, che possono costituire nuove opportunità di crescita. E l'autore arriva a proporre, come possibile vettore di cambiamento, una visione umanistica basata sull'inversione della rotta fin qui seguita, e dunque sulla concretizzazione, per le popolazioni che migrano da contesti difficili, della possibilità di contribuire al loro sviluppo nei territori d'origine.
EUR 15.68
La strada. Dove si crea il mondo-The street. Where the world is made. Ediz. bilingue. Vol. 2
In questo volume sono illustrate le oltre duecento opere in mostra, alternate nel volume con la riproduzione di altre opere storiche del Novecento, così da comporre una sorta di enciclopedia tascabile che esplora il tema della strada in relazione all'arte. Un mosaico di lavori, esperienze artistiche, performance e installazioni che vede, tra le altre, la presenza di Francis Alÿs, Laurie Anderson, Archigram, Rosa Barba, Joseph Beuys, Botto&Bruno, Andrea Bowers, Atelier Bow-Wow, Alain Bublex, Daniel Buren, Georges Candilis, Cao Fei, Maurizio Cattelan, Chim?Pom, Christo, Jimmie Durham, Olafur Eliasson, Flavio Favelli, Yona Friedman, Alberto Garutti, Gilbert & George, Thomas Hirschhorn, Damien Hirst, Steven Holl, Alfredo Jaar, Allan Kaprow, William Kentridge, Jeff Koons, Barbara Kruger, Ugo La Pietra, Liu Qingyuan, Gordon Matta-Clark, Mario Merz, MVRDV, Claes Oldenburg, Lucy + Jorge Orta, Damián Ortega, Giulio Paolini, Adrian Piper, Michelangelo Pistoletto, Robert Rauschenberg, Ed Ruscha, SITE, Cindy Sherman, Stalker, Superstudio, Vedovamazzei, Andy Warhol, Sislej Xhafa e Zhou Tao.
EUR 23.75
Il furibondo cavallo ideologico. Scritti sul Novecento
Tenere a bada il «furibondo cavallo ideologico» fu forse il dovere che Delio Cantimori impose più costantemente al suo lavoro di storico. Come testimoniano gli scritti qui raccolti, stesi tra il 1946 e il 1965, il compito fu tutt'altro che semplice per lo storico degli eretici e degli utopisti dell'età moderna. La prima metà del Novecento aveva lasciato tracce profonde nel suo percorso umano e intellettuale. Per lui, mazziniano per tradizione familiare, poi fascista, quindi comunista e iscritto al Pci sino alla svolta del 1956, riflettere su quel recente passato non fu un esercizio dettato da narcisismo. Frammenti di memoria personale si mescolano alla storia collettiva, mentre il filo rosso dell'autobiografia (che unisce buona parte degli scritti qui presentati) gli consente di tracciare, sia pure di scorcio, il ritratto di personalità centrali della cultura storica del Novecento, da Johan Huizinga a Federico Chabod. Per Cantimori, che in gioventù aveva registrato in presa diretta gli umori di un'«Europa sotterranea» di cui si erano nutriti nazismo e fascismo, tornare su quegli anni a distanza di tempo comportò perciò il passaggio dalla testimonianza alla storiografia, il tutto all'insegna di una spietata autocritica.
EUR 23.75
Intuizioni sulla forma architettonica. Alessandro Anselmi dopo il GRAU
Alessandro Anselmi (1934-2013), maestro dell'architettura del secondo '900 italiano, è stato un astuto inventore di forme, capace di trasformare i segni stratificati della storia in nuove configurazioni formali.\r\nCome molti progettisti impegnati culturalmente nella pubblicistica e nell'attività accademica, Anselmi affianca la scrittura alla professione. Meno noti rispetto agli esiti progettuali, i suoi testi non risultano inferiori per numero ai progetti; più di cinquanta scritti dopo il distacco dal Gruppo Romano Architetti Urbanisti (GRAU). Se fino ad ora la critica si è occupata esclusivamente dell'Anselmi architetto, rimane quasi inesplorata l'altra componente dell'opera: la scrittura. Come i progetti disegnati anche i testi anselmiani sono pure intuizioni, annotazioni sparse che, direttamente o indirettamente, fanno capo alla questione della qualità figurativa dell'architettura. L'indagine qui proposta consiste nel tentativo di ordinare alcune intuizioni scritte attorno al problema della forma architettonica, utilizzando queste come apparato per rileggere alcuni degli esiti progettuali. L'operazione di confronto tra gli scritti e l'architettura si configura quindi come una selezione di testi “parafrasati” e progetti “ridisegnati” dell'opera di Anselmi post GRAU.
EUR 17.10
L' Europa di Simone Weil. Filosofia e nuove istituzioni
Il punto di partenza della riflessione comune che questo volume offre ai lettori è stata la frase che Simone Weil (1909-43) scrive in chiusura de La persona e il sacro: «Al di sopra delle istituzioni destinate a proteggere il diritto, le persone, le libertà democratiche, occorre inventarne altre destinate a discernere e abolire tutto ciò che nella vita contemporanea schiaccia le anime sotto l'ingiustizia, la menzogna e la bruttezza. Occorre inventarle perché sono sconosciute, ed è impossibile dubitare che siano indispensabili».\r\n«"Pensare l'Europa"... Ci riusciremo mai?» - Alfonso Berardinelli, il Foglio\r\nA partire da essa, alcuni autorevoli studiosi del pensiero weiliano italiani e stranieri si sono chiesti, anche in riferimento all'attuale situazione europea, quali potessero essere le riflessioni di Simone Weil da prendere in considerazione per rispondere a domande sempre più urgenti: quale orizzonte etico e spirituale, quale filosofia possono far nascere le nuove istituzioni di cui Weil avvertiva la necessità? Che tipo di istituzioni potrebbero essere? Quale relazione tra spiritualità, etica e politica si dovrebbe articolare in esse, e secondo quali modalità? Il risultato di questo ragionare comune vorrebbe essere, innanzitutto, une réflexion en vue d'un bilan, come scriveva Weil, non solo sulle potenzialità inespresse del pensiero weiliano, ma anche su quelle dell'Europa.
EUR 20.90
Un seme di umanità. Note di letteratura
Finalista al premio Viareggio-Rèpaci 2020, sezione Saggistica «Anche se oggi affermerebbe volentieri il contrario, Bellocchio torna sempre al suo amore primordiale, come attesta l'antologia Un seme di umanità. Note di letteratura che seleziona da circa quarant'anni dipartiture saggistiche i cui referenti vanno da Casanova a Herzen, da Dickens a Flaubert e Céline, da Orwell, ovviamente, a Pier Paolo Pasolini e Beppe Fenoglio» - Massimo Raffaeli, Il Venerdì\r\n«Bellocchio: una rilettura illuminante dei classici». - Avvenire\r\n«Straordinaria raccolta di saggi letterari che non sono solo letterari, perché Bellocchio non è solo un critico, ma uno degli intellettuali d'altri tempi che cercano nella letteratura domande e risposte sulla vita degli individui in relazione alla società» - Corriere della Sera\r\n«Mettendo insieme questi scritti» su autori che vanno da Casanova a Kubrick, e includono fra gli altri Stendhal, Dickens, Flaubert, i grandi narratori russi dell'Ottocento, Herzen, Hašek, Isherwood, Céline, Edmund Wilson, Orwell, Böll, Pasolini, Fenoglio, Bianciardi, Montaldi, Pampaloni, «mi rendo conto che la parzialità delle mie scelte non è stata del tutto casuale: essa individua o indica molte mie reali preferenze. Anche se alcuni sono stati commissionati da editori per collane economiche, cosa che spiega la forma e il taglio delle pagine su Casanova, Stendhal, Dickens, Flaubert o il romanzo russo, la necessità di un'esposizione piuttosto didascalica la trovo tuttavia a me congeniale oltre che doverosa (e da essa mi sono distaccato solo in parte in altri testi).\r\nBenché con il passare degli anni la scrittura d'invenzione mi abbia interessato progressivamente meno a favore di scritture diaristiche, memorialistiche, storico-politiche, l'occasione editoriale mi ha sollecitato a tornare a certe mie passioni del passato: il risultato è perciò non di critica letteraria in senso rigoroso, ma comporta la tendenza a leggere di preferenza quella narrativa che illumina aspetti della storia sociale, verso i quali mi indirizzavano anche alcuni dei critici da cui mi è sembrato di imparare di più, come Edmund Wilson, Lukács, Adorno, senza dimenticare la saggistica di scrittori come Baudelaire, Proust, D.H. Lawrence, Orwell, Fortini... Più che dall'invenzione sono sempre stato attratto dalle testimonianze personali e dirette, dal giornalismo di reportage e dall'autobiografia».\r\n\r\nPiergiorgio Bellocchio
EUR 18.05
The checkered cloth
In presenting the triptych of The Annunciation with St. Margaret and St. Ansanus by Simone Martini, the scholar Gianfranco Contini, confessed his desire to secretly extract from the rich and lush composition of that painting a piece of the flashy checkered fabric lining the Angel's mantle. These pages describe Isabella Ducrot's meeting with that painting. Through the enigmatic edge of the Angel's garment she reflects on that which is the first material of her work: the cloth.For many years Isabella Ducrot has painted and composed in many ways fabrics, textiles, Eastern prayer sashes, attempting each time to demonstrate in those textile structures a “breath”, which crosses and enlivens them. Images, memories and reflections that have stayed with her throughout her work as a painter, are here collected as in a freely composed collage. Isabella Ducrot has written in these pages a confession of poetics.Take any fabric, let it be linen, silk or wool. Stretch it more, against the light and you will be able to see the weft;the original architecture composed of crossing threads and of voids that represent the first object of inspiration toIsabella Ducrot. The fundamental intuition of the author is that human beings, in the contrived textiles that they havecreated and worn for millennia, haven't done more than duplicating a structure original to the mind, that persists unaltered for millennia.
EUR 13.30
Epistolario (1814-1837)
Il libro raccoglie tutte le lettere, molte delle quali inedite, scritte da Giuseppe Gioachino Belli nella prima parte della sua vita (1814-1837), e le accompagna con un ricco apparato di notizie critiche e storico-biografiche. Questi documenti privati ci permettono di ripercorrere il vivace romanzo di formazione d'un giovane impiegato pontificio che compie il suo apprendistato culturale nella variegata realtà dell'Italia primo-ottocentesca, tra esperienze d'accademia, viaggi, relazioni intellettuali e mondane. Da questi molteplici incontri con libri e persone nasce la stagione artistica più fervida di Belli, che negli anni Trenta affianca alla scrittura della maggioranza dei sonetti romaneschi una vivace attività giornalistica e una consistente produzione poetica italiana, avventurandosi in una libera ricerca espressiva drammaticamente ridimensionata nel 1837, dopo la morte della moglie Maria.
EUR 85.50
Figure dell'invenzione. Per una teoria della critica tematica in Francesco Orlando
Il saggio esplora la più innovativa e meno conosciuta parte della riflessione di Francesco Orlando (1934- 2010) - quella riguardante i meccanismi dell'invenzione e della creazione letteraria - in larga parte inedita. L'obiettivo è di riflettere criticamente sull'ultimo decennio di attività di uno dei più importanti teorici della letteratura del secondo Novecento, valutando le sue ipotesi di lavoro e prospettive di analisi relative a questioni cruciali di critica tematica. La proposta che Orlando ha delineato e che questo libro prova a sviluppare mira infatti a concepire una vera e propria retorica dell'invenzione, mostrando come ogni singolo testo letterario possa modellizzare e trasfigurare originalmente la realtà che rappresenta mediante configurazioni emotive e cognitive salienti.
EUR 19.00
Almanacco di filosofia e politica (2020). Vol. 2: Istituzione. Filosofia, politica, storia.
L'Almanacco di Filosofia e Politica, diretto da Roberto Esposito, intende essere uno spazio aperto per una riflessione sulla politica - sul suo statuto, sulle sue crisi, sulle sue potenzialità - da un punto di vista filosofico. Non si tratta dunque di una ricerca storico-filologica sui concetti politici, né di un'analisi empirica di carattere sociologico o politologico sulla cronaca politica. Ciò che l'Almanacco intende attivare è un'interrogazione rigorosamente filosofica sull'attualità. La domanda di fondo da cui nascono questi saggi riguarda la relazione tra la crisi globale della politica e i punti ciechi del pensiero contemporaneo. Quali paradigmi teorici hanno contribuito a provocare, o hanno reso possibile, tale cedimento? Ma scopo dell'Almanacco è soprattutto quello di elaborare nuove categorie capaci di riaprire un varco in un orizzonte apparentemente chiuso. Che contributo può dare, la filosofia, per avviare una nuova stagione politica? Questo secondo volume prosegue la ricerca inaugurata nel primo numero, cercando nella categoria di istituzione una via di uscita alla crisi del pensiero dell'immanenza. Anche questa volta, i contenuti sono organizzati in tre sezioni. La prima raccoglie i saggi di alcuni tra i più affermati pensatori contemporanei come Roberto Esposito, Massimo Recalcati, Paolo Napoli, Judith Revel, Miguel Vatter, Ubaldo Fadini e Nadia Urbinati. La seconda si compone invece degli interventi di studiosi più giovani che partecipano, durante l'anno, a un progetto di ricerca collettivo. La terza è infine formata da testi di autori ormai classici - ma particolarmente rilevanti per il tema oggetto del volume -, quali Yan Thomas, Paul Ricoeur e Cornelius Castoriadis.
EUR 20.90
Insulti al pubblico e altre pièces vocali
"Insulti al pubblico" è il testo più provocatorio dello scrittore austriaco Peter Handke. Il bersaglio sono le abitudini e il torpore intellettuale degli spettatori. Fu una provocazione maestosa e insieme sommessa, fatta con una scrittura che incanta ed è ad altissima tensione analitica. Il testo di Handke si serve «di forme naturali di espressione quali l'insulto, l'autodiffamazione, la confessione, l'affermazione, la domanda, la giustificazione, la scusa, la profezia, il grido d'aiuto». Handke lavora sapientemente con le ripetizioni, i ritmi cadenzati, il montaggio di frasi fatte, per esibire la standardizzazione e l'arbitrarietà del linguaggio, ma anche una vitalità che in esso resiste. Talvolta le voci si intrecciano in un brusio in cui si sente il risuonare di un inconscio linguistico e dei suoi condizionamenti. Il linguaggio di Handke lavora per «rendere l'apparato di percezione così preciso al punto che la natura in questa nostra società diventa riconoscibile come falsa, manipolata».
EUR 15.20
Literarische Bilder und Vorbilder der Ewigen Wiederkunft
«Ist Nietzsches “abgründiger Gedanke” auch eine auf das Diesseits bezogene Wette, ein Versuch, den pascalschen Abgrund der Leere einer Welt ohne Gott zu füllen? Anhand einiger in Nietzsches Bibliothek enthaltener Bände versucht dieses Buch Aufschluss über diese rätselhafte Lehre zu geben».DE. Der erste und einzige Aphorismus, den Nietzsche der Idee der ewigen Wiederkunft widmet, fängt mit einer Frage an: «Wie, wenn [...] ein Dämon [...]?» Dieselbe Frage «Wie wär' es, wenn der Dämon [...]?» stand im Mittelpunkt eines der schönsten Briefe des jungen Philologen Erwin Rohde an Nietzsche und bezog sich hier auf die tief erlebten gemeinsamen Augenblicke. Welches ist also der biografische und literarische Hintergrund dieses rätselhaften Gedankens, den Nietzsche in seinen Aufzeichnungen durch wissenschaftliche Hypothesen zu stützen versuchte? Ist die ewige Wiederkunft ein Versuch, der Leere der Welt nach dem Tod Gottes zu entkommen? Was haben die Zeitauffassungen von Marc Aurel, Montaigne und Pascal, ihre Gedanken zur Spannung zwischen Vergänglichkeit und Dauer, aber auch einige Bilder von Leopardi damit zu tun? Wie schließlich hängt das berühmte Mitternachtslied im Zarathustra mit der ewigen Wiederkunft sowie mit Rohde und Wagner zusammen? Anhand einiger in Nietzsches Bibliothek enthaltener Bände versucht dieses Buch Aufschluss über einen Gedanken zu geben, in dem Nietzsches radikaler Rationalismus - wie Mazzino Montinari schrieb - zu seinen letzten, hellsichtigen Aporien gelangt.EN. The first and only aphorism that Nietzsche devotes to the idea of eternal return begins with the words: “What, if a demon [...]”? The same words “What would be, if the demon [...]?” appeared in one of the finest letters the young philologist Erwin Rohde sent to Nietzsche, and which referred to deeply felt moments they spent together. This study seeks to recreate the biographical and literary background to the intriguing idea that Nietzsche tried to support in his notes with scientific hypotheses. How important for Nietzsche's thought are the views on time of Marc Aurel, Montaigne, Pascal and their ideas on the relationship between transience and eternity? Is Nietzsche's “most abyssal thought” also a Wager in favor of this life, an attempt to escape from or to fill the Pascalian abyss of the emptiness of a world after the death of God? How influential are some of Leopardi's poetic images? Finally, how does the famous midnight song in Zarathustra relate to the eternal return and to Rohde and Wagner? Drawing on works to be found in Nietzsche's private library, this book attempts to shed light on Nietzsche's “radical rationalism”-to quote Mazzino Montinari-and on the ways in which it reaches its final, clairvoyant aporias. IT. Il primo e unico aforisma, che Nietzsche dedica all'idea dell'eterno ritorno, inizia con una domanda: «Come sarebbe se […] un demone […]?» La stessa domanda: «come sarebbe, se il demone […]?» era il punto cardine di una delle più belle lettere scritte dal giovane filologo Erwin Rohde a Nietzsche che si riferiva a tutti i momenti vissuti fino in fondo. Qual è dunque lo sfondo biografico e letterario di questo misterioso pensiero, che Nietzsche...
L' acrobata d'avanguardia. Hugo Ball tra dada e mistica
«Un saggio di dimensioni contenute, ma rigoroso nell'approccio e negli apparati, che percorre con efficacia alcune stazioni dell'itinerario intellettuale di una "figura prismatica del proprio tempo"» - Vito Punzi, il GiornaleHugo Ball (1886-1927) è una figura complessa all'interno del primo Novecento tedesco: studioso di Nietzsche, uomo di teatro, creatore dell'universo dadaista, feroce avversario del militarismo tedesco, sognatore cattolico, studioso delle vite dei santi; amico di Kandinskij e di Schmitt, di Hesse e di Ernst Bloch, ha attraversato i primi trent'anni del Novecento lasciando dietro di sé un'impronta duratura ma enigmatica, che la critica si è sempre impegnata a decodificare. Questo libro, interrogando i testi e la vita di Ball secondo un impianto teologico-politico, intende porre gli uni e l'altra lungo l'asse alto/basso, immanenza/ trascendenza che li attraversa, situando così la parabola intellettuale di Ball in un contesto che fa della "dissidenza" spirituale il suo asse centrale. L'itinerario intellettuale di Ball si snoda secondo un percorso che solo l'elaborazione di un'altra teologia politica, mistica e trascendentale, umana e troppo umana al contempo, è in grado di descrivere.
EUR 15.20
Testi sulla (non più) città
«La città non esiste più. Poiché l'idea di città è stata stravolta e ampliata come mai nel passato, ogni tipo di insistenza su una sua condizione primigenia - in termini visivi, normativi, costruttivi - ha come esito inevitabile, complice la nostalgia, quello dell'irrilevanza».\r\n\r\nAtlanta, Singapore, Dubai, Parigi, Lilla, Berlino, Tokyo, New York, Rotterdam, Mosca o ancora Londra: con il suo sviluppo disomogeneo e smodato, con la sua urbanistica apparentemente anarchica, la metropoli contemporanea disturba e mette in discussione i nostri valori più profondi, o almeno quelli più sentimentali. Come sono arrivati architetti, culture (europea, americana, asiatica), regimi politici, completamente diversi tra loro, a configurazioni tanto simili? E perché «il trionfo della città è coinciso proprio con il venir meno della riflessione su di essa»? Attraverso temi solitamente trascurati dagli architetti - la «tabula rasa», il «junkspace» o la congestione -, Rem Koolhaas ha studiato a lungo la (non più) città, in quanto spazio obbligato per la riflessione architettonica. Questo libro raccoglie dunque per la prima volta una serie di testi - quasi tutti inediti in italiano - che sono altrettante meditazioni sulla natura della città contemporanea e sulla sua «sostanza urbana» radicalmente mutata nel corso degli ultimi decenni.\r\nSuddivisi in sezioni tematiche (A definizioni, B testi autobiografici, C ritratti di città, D sguardi verso il futuro), gli scritti di Koolhaas si inscrivono nel solco speculativo e stilistico delle Immagini di città di Walter Benjamin: un repertorio di «figure di pensiero» che, abolendo le barriere convenzionali tra architettura, filosofia e giornalismo, danno corpo a una personale scomposizione e ricomposizione dei frammenti del presente senza alcun pregiudizio ideologico o estetico.
EUR 17.10
Giochi di pazienza. Un seminario sul «Beneficio di Cristo»
Un libro scritto a quattro mani, uscito più di quarant'anni fa (1975), viene riproposto, con l'aggiunta di due postfazioni, a una nuova generazione di lettrici e lettori. Un libro anomalo, come anomala è stata la sua fortuna. Molto criticato dagli addetti ai lavori, con qualche notevole eccezione; dimenticato in Italia, ma tradotto recentemente in spagnolo (Guadalajara, Messico, 2020), Giochi di pazienza ricompare in un momento in cui i seminari a distanza, per via telematica, si configurano nelle università di tutto il mondo come una risposta (che ci si augura provvisoria) alla crisi provocata dalla pandemia.«Un volume accademico ricco e complesso che si dipana fra religiosità popolare\r\ne Chiesa cattolica, Riforma protestante e Controriforma, agostinismo e pelagianesimo,\r\ne che approda all'idea di una via tutta italiana alla Riforma delle istituzioni ecclesiastiche» - Gianfranco Marrone, TuttoLibri\r\nMa che cos'è, propriamente, un seminario? Come funziona una ricerca collettiva? Questo che presentiamo è per l'appunto il resoconto di un seminario svolto dai due autori con un gruppo di studenti dell'università di Bologna, sul testo religioso più famoso e discusso del Cinquecento italiano: il Beneficio di Cristo. Non una ricerca compiuta, quindi, ma piuttosto gli «errori» (in senso sia letterale che figurato) e gli andirivieni della ricerca. Il labirintico alternarsi di ipotesi e di controipotesi, di dissezioni testuali e di opzioni interpretative, finisce col presentare un'immagine del lavoro dello storico alquanto diversa da quella, pulita e asettica, diffusa magari con la complicità dei metodologi più autorevoli. Un'immagine più «sporca», dove il caso e i presupposti (o i pregiudizi?) ideologici intervengono in maniera imprevedibile nel rigoroso «gioco di pazienza» dell'analisi testuale e della scoperta erudita. Un vero e proprio «giallo» filologico, sarcastico e autoironico.\r\nLa proposta che è al centro di questo libro, nato in età pre-elettronica, è più che mai attuale: la «lettura lenta» di un testo potrà, e dovrà, intrecciarsi al velocissimo girovagare negli spazi invisibili della rete.
EUR 19.00