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Nulla al mondo di più bello. L'epopea del calcio italiano fra guerra e pace 1938-1950
Con l'abilità del narratore, la documentazione dello storico e la passione del tifoso, Enrico Brizzi racconta il calcio che nessuno ha mai visto in televisione.\r\n\r\n«Gli italiani perdono le guerre come se fossero partite di calcio e le partite di calcio come se fossero guerre» - Winston Churchill\r\n«Con l'abilità del narratore, la documentazione dello storico e la passione del tifoso, ENrico Brizzi racconta il calcio che nessuno ha mai visto in televisione.» - Alto Adige\r\n\r\n\r\nParigi, 1938, Vittorio Pozzo, commissario tecnico della Nazionale, festeggia la Coppa del mondo vinta dall'Italia per la seconda volta consecutiva. «Nulla al mondo di più bello», afferma commosso.\r\nÈ l'apogeo del calcio italiano con i suoi campioni e le loro storie fantastiche: Meazza, il fuoriclasse nato poverissimo e diventato grazie al calcio l'uomo più popolare della sua Milano; il cannoniere Silvio Piola, sottratto in nome della ragion di Stato alla Pro Vercelli e consegnato alla Lazio; il 'Fornaretto' Amedeo Amadei e gli altri alfieri giallorossi che riusciranno infine a portare lo scudetto sulle sponde del Tevere; e ancora, il bolognese Biavati, imprendibile inventore del 'doppio passo', e lo scatenato triestino Colaussi.\r\nMentre l'Italia tutta festeggia, ha inizio l'odiosa discriminazione razziale e i venti di guerra travolgono il pallone. La fortissima Austria viene 'annessa' alla Germania, in Francia i nazionalisti storcono il naso di fronte alla presenza dei primi giocatori arabi e neri fra i ranghi della Nazionale, in Russia le purghe decimano intere squadre, gli esuli baschi e catalani in fuga dalla Spagna di Franco si rifugiano a giocare in Messico.\r\nQuando la parola spetterà agli eserciti, i calciatori italiani saranno chiamati a mandare avanti sino all'ultimo momento possibile il torneo di Serie A, la 'distrazione di massa' che più di ogni altra dovrebbe garantire una parvenza di normalità al Paese prossimo a trasformarsi in campo di battaglia.\r\nCon la pace, ecco Valentino Mazzola chiamare il Toro alla carica rimboccandosi le maniche della casacca; l'epopea granata restituirà orgoglio e fiducia a un'Italia battuta, umiliata e smaniosa di riscatto sotto le nuove insegne repubblicane.\r\nI campioni del pallone sono gli spiriti benevoli che presiedono al 'meraviglioso giuoco', gli uomini che hanno regalato emozioni ai padri dei nostri padri e, così facendo, hanno accompagnato e reso unica la storia del nostro Paese.
EUR 19.00
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Verso un nuovo mattino. La montagna e il tramonto dell'utopia
All'inizio degli anni Settanta nasce un movimento ribelle. Sono giovani contestatori dai capelli lunghi e dagli abiti irriverenti. Solo che alle piazze preferiscono le montagne e cercano in parete il loro altrove e un diverso rapporto con la vita e con la natura. Li chiamano i ragazzi del Nuovo Mattino e questa è lo loro storia, utopistica e tragica.\r\n\r\nNei primi anni Settanta, tra Torino e il Gran Paradiso, le montagne cominciano a popolarsi di personaggi strani, lontani anni luce dalle figure tradizionali dell'alpinismo classico. Questi nuovi arrampicatori disprezzano il mito eroico dello scalatore duro e puro, il rito della vetta a ogni costo, della 'lotta con l'Alpe'. Nel piccolo mondo dell'alpinismo è una frattura epocale che porta alla nascita di un vero e proprio un movimento ribelle, il Nuovo Mattino, che deriva dal 1968 i riferimenti culturali. Lo guida il torinese Gian Piero Motti, giovane colto e geniale, ottimo scalatore e autore di articoli forti. I contestatori cercano in parete il loro altrove, una verità complementare ma non conflittuale con l'esperienza urbana. Rifiutano i pantaloni alla zuava e li sostituiscono con jeans e maglietta. Aprono vie dai nomi simbolici: Itaca nel sole, Lungo cammino dei Comanches, La via della Rivoluzione. Ispirati dal mito dell'arrampicata californiana, trovano splendide pareti di gneiss a pochi minuti dalla strada della Valle dell'Orco e volando di fantasia le chiamano Caporal e Sergent, in risposta al leggendario Capitan della Yosemite Valley. Ma tra gli anni Settanta e Ottanta del Novecento gli eventi mettono brutalmente fine al rinascimento della scalata italiana. Era inevitabile? Perché è successo? Le storie di questo libro raccontano il passaggio dall'utopia del Nuovo Mattino alla materialità delle prestazioni sportive, dall'incertezza del sogno alle sirene del mercato. Disegnano la metafora della società italiana e di quello che siamo oggi. Nell'anniversario del 1968 spiegano la fine di un'epoca e ne abbozzano una nuova, più arrendevole e disincantata.
EUR 17.10
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Contro il separatismo
Il separatismo non è un'opinione politica o un sogno romantico, ma un attacco in piena regola al nucleo più importante della garanzia di cittadinanza, cioè lo stato di diritto.\r\n\r\nQuesto libro non è una trattazione accademica o teorica ma un pamphlet che attacca frontalmente l'insensatezza e l'ingiustizia del separatismo. Secondo il filosofo Fernando Savater, il separatismo è da intendere come un'aggressione deliberata, calcolata e organizzata contro le istituzioni democratiche e contro i cittadini che le sentono proprie. Non a caso il diavolo è etimologicamente il separatore, dia-ballo, colui che separa e rompe i legami stabiliti. E separare coloro che vivono insieme è il misfatto antiumanista per eccellenza. Il difetto diabolico del separatismo è proprio questo: seminare la discordia, dividere gli animi.
EUR 5.60
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Invito a teatro. Manuale minimo dello spettatore
Un libro prezioso per chiunque voglia comprendere le forme e le strutture dello spettacolo teatrale.\r\n\r\nQuali sono le nostre aspettative quando andiamo a teatro? Che cosa siamo tenuti a conoscere prima che si alzi il sipario? Come viene trattato il testo di cui lo spettacolo è rappresentazione? Qual è il ruolo degli oggetti, della musica, della danza?
EUR 12.35
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26 gennaio 1994
Nove minuti. In nove minuti si condensa un passaggio chiave della storia italiana, la transizione dalla Prima alla Seconda Repubblica. Da questo momento il sistema politico italiano cessa di essere quello che è stato per circa mezzo secolo.\r\n\r\nAlle 17.30 del 26 gennaio 1994, Silvio Berlusconi fa la sua apparizione sugli schermi tv attraverso una delle tre grandi reti di sua proprietà. Esibendo un sorriso affabile, seduto dietro una scrivania, sullo sfondo una libreria con foto di famiglia, pronuncia un appello rivolto a tutti gli italiani. Il discorso dura circa 9 minuti e 30 secondi. Oltre 26 milioni di telespettatori sono raggiunti dal messaggio.\r\nÈ l'esordio di un terremoto politico. Di lì a poco l'imprenditore lombardo, proprietario di una mitica squadra di calcio e padrone di mezzo sistema televisivo, conquisterà la maggioranza parlamentare, divenendo capo del governo.\r\nQuella del 26 gennaio 1994 non è stata una battaglia campale, non la deposizione di un despota o una dichiarazione di guerra, un regicidio o il passaggio da una monarchia a una repubblica. Formalmente neppure un colpo di Stato. Nelle ore cruciali che qui ricostruiamo non si muovono truppe, non si decapitano condottieri, non si firmano patti: si definiscono gli sfondi di un set, i minuti e i secondi di un passaggio sugli schermi televisivi.\r\nNondimeno, con quell'apparizione comincia una nuova era, che ha caratterizzato la storia dei sistemi politici. Una forma sfigurata e truccata di democrazia, che gli antichi chiamavano demagogia e taluni chiamano oggi populismo dell'audience: dominio di leader che pretendono di essere l'incarnazione del popolo e tendono all'esercizio di un potere affidato alla comunicazione semplificata e istantanea dei media di massa. Dalla tv ai social.
EUR 17.10
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A sinistra. Il pensiero critico dopo il 1989
Jean-Paul Sartre l'aveva già decretato: la sinistra, quella storica, è morta. Oggi, la sinistra rinasce nelle vesti di un nuovo pensiero, critico, audace, radicale.\r\n\r\nLa coscienza contemporanea è pervasa da un senso di spaesamento, dettato dalla progressiva consumazione dei tradizionali criteri di orientamento e dalle illusions perdues del 1989. Con la liquidazione dei vecchi assetti si sono indeboliti e finanche vanificati i 'paradigmi' classici della sinistra intellettuale e al loro posto ne sono subentrati altri. Nel campo della filosofia, dell'economia e della sociologia si sono affacciate nuove formule e determinate nuove proposte, ancora tutte da scoprire nella loro originalità e complessità. A esse il libro è dedicato, con lo scopo di fornire una più aggiornata mappa della sinistra intellettuale contemporanea, specie nelle sue punte più audaci e radicali. Si tratta, in un certo senso, di una storia del pensiero critico contemporaneo, comprensiva delle sue correnti e dei suoi autori maggiormente significativi tra cui Giorgio Agamben, Alain Badiou, Étienne Balibar, Luc Boltanski, Wendy Brown, Judith Butler, David Harvey, Ernesto Laclau, Jacques Rancière, Wolfgang Streeck, Slavoj Žižek.
EUR 7.60
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Il potere della cucina. Storie di cuochi, re e cardinali
Chi l'ha detto che in cucina si elaborano solo ricette? Nelle storie raccontate in questo libro la cucina è al centro di un gioco di cultura e di potere. Maestro Martino, Bartolomeo Scappi, François Vatel: tre cuochi - dell'Umanesimo, del Rinascimento e del Barocco - capaci di fare la storia del loro tempo, e non solo per la squisita sapienza delle loro preparazioni... Maestro Martino è cuoco al servizio del cardinale e condottiero Ludovico Trevisan. Vive in prima persona la grande rivoluzione culturale dell'Umanesimo e, involontariamente, ne diventa uno dei protagonisti. Il suo libro di ricette, tradotto in latino ed edito dall'umanista Platina, diventa la base della rivalutazione del buon cibo e della buona cucina, dopo secoli di condanna al girone della golosità. Bartolomeo Scappi è il secondo maestro. Cuoco di tre cardinali e di due papi, dovrà vedersela col furore ascetico e controriformatore del suo ultimo datore di lavoro, il papa santo Pio V, che abolirà il carnevale e introdurrà a Roma leggi feroci contro le prostitute, gli adulteri e il lusso. All'apice della carriera dovrà rinunciare a cucinare dato che il suo padrone è un austero digiunatore, ma avrà così il tempo di scrivere il più importante libro di cucina della sua epoca. François Vatel è il terzo celebre cuoco, nonché l'interprete - tragico - della nouvelle cuisine di Luigi XIV. Per Luigi II di Borbone, l'Alessandro Magno di Francia, vincitore a 22 anni delle invincibili armate spagnole, organizza un grande ricevimento al castello di Chantilly - ospite d'eccezione Luigi XIV - di cui però non vedrà la fine. Muore suicida, apparentemente per un'assurda mancanza di... pesce. Percorrendo le vite di questi tre celebri cuochi attraverso Umanesimo, Rinascimento e Barocco, scopriamo la cucina, il gusto, le ricette del tempo, ma anche i raffinati giochi di potere che presero vita, come accade ancora oggi, sulle tavole di allora.
EUR 9.50
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Paradiso e dintorni. Il paesaggio rurale dell'antico Oriente
La nostra civiltà comincia il suo viaggio in uno spazio mitico. Un 'giardino dell'Eden' in cui l'uomo trovava soddisfatte tutte le sue necessità. Per secoli studiosi e ricercatori si sono interrogati sulla realtà storica di questo paesaggio primigenio. Oggi finalmente è possibile rispondere alla domanda: ma com'era fatto questo paradiso?\r\n\r\nQuando l'Europa iniziò la sua esplorazione del Vicino Oriente, le notizie riguardanti quest'area erano sommarie e spesso facevano riferimento a un passato leggendario e mitico. In particolare, due miti ne avevano simboleggiato il paesaggio: la 'Torre di Babele' come metafora per la città e il 'Giardino dell'Eden' come metafora per la campagna. Entrambi erano caratterizzati da un elemento di crisi e di collasso: la torre di Babele era rimasta incompiuta e abbandonata, il giardino dell'Eden era stato chiuso all'uomo, costretto a migrare verso ambienti meno ospitali. Invece di città, i primi viaggiatori nel Vicino Oriente trovarono rovine, e invece di giardini trovarono il deserto. Col progredire dell'indagine storica e archeologica, le informazioni sulle antiche città (da Ninive a Babilonia) crebbero, mentre le informazioni sulle campagne rimasero scarse e quasi nulle. La storia orientale antica divenne una questione di re e dinastie, di città e palazzi, di scribi e artigiani e mercanti. Si sapeva che la stragrande maggioranza della popolazione antica era costituita da contadini e pastori, ma la ricostruzione della loro vita e del loro ambiente venne a lungo esclusa dal quadro. Oggi le condizioni sono cambiate. Possiamo provare, per la prima volta, a dare un volto al 'giardino dell'Eden', a quel paesaggio in cui è germinata alcuni millenni fa la nostra civiltà.
EUR 13.00
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Storia della Resistenza
A 75 anni dalla fine della seconda guerra mondiale,\r\nfinalmente una storia della Resistenza italiana con\r\nl'ambizione di proporre uno sguardo complessivo su\r\nfatti e momenti che hanno cambiato per sempre il\r\nnostro paese.\r\n\r\nI due anni che vanno dall'8 settembre 1943 al 25\r\naprile 1945 rappresentano un momento cruciale\r\ndella storia d'Italia. Sono gli anni della guerra\r\nmondiale, con le truppe straniere che occupano\r\nil paese. Sono gli anni della guerra civile, con\r\nlo scontro tra italiani di diverso orientamento.\r\nSono gli anni della guerra di liberazione, in cui si\r\ncombatte contro il nazifascismo per preparare e far\r\nnascere una paese democratico e libero. È il 'tempo\r\ndelle scelte' per una società italiana schiacciata\r\nsotto il tallone nazista e fascista, lacerata tra\r\ncollaborazionismo e ribellismo. Una nazione\r\ndivisa politicamente, militarmente e moralmente\r\nall'interno di un'Europa in fiamme.\r\nPer fare i conti con la storia della Resistenza\r\nitaliana, il libro ripercorre le varie fasi delle\r\ndiverse Resistenze: le specificità della guerriglia\r\nurbana, l'attestamento nelle regioni di montagna,\r\nl'organizzazione dei gruppi partigiani nelle zone\r\ndi pianura. Affianca alla lotta armata le varie\r\nforme di supporto fornito ai 'banditi' da settori\r\ndelle popolazioni, si addentra nella cosiddetta zona\r\ngrigia, evidenzia la peculiarità delle deportazioni\r\npolitica e razziale, nonché l'internamento dei\r\nmilitari.\r\nL'interazione con gli Alleati è colta nel contributo\r\nfornito alla campagna d'Italia, nelle rischiose\r\nmissioni militari paracadutate dietro le linee, nel\r\nrilevante lavoro informativo svolto dai 'ribelli' per\r\ni servizi segreti angloamericani, senza tralasciare\r\nla ricostruzione del sostegno finanziario e armato\r\npreordinato dai centri Alleati in Svizzera.\r\nUna ricostruzione nuova, originale, vivida in cui\r\nlo sguardo d'insieme si alterna costantemente con\r\nl'attenzione a vicende personali e collettive poco\r\nconosciute o inedite. Un libro necessario oggi,\r\nquando il venir meno degli ultimi testimoni diretti\r\ndi queste vicende sta dando sempre più spazio\r\na un uso politico della Resistenza che deforma e\r\nrimuove i fatti, le fonti e la storia.
EUR 33.25
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Napoli, Belle Époque (1885-1915)
L'immagine predominante di Napoli, tra il 1860 e i1 1915, è quella di ex-capitale di un grande regno, 'città regià' in decadenza incapace di trasformarsi in 'città borghese', metropoli tra le più popolose d'Europa, il cui fascino è compromesso dalle miserabili condizioni di vita della gran parte dei suoi abitanti. Ma Napoli, fino alla grande guerra, non è solo questo: è anche una metropoli europea moderna, una città dall'elevato livello culturale dove si realizzano esperienze di rilievo sul piano professionale, sul terreno commerciale, nel conflitto sociale tra industriali, per lo più stranieri o settentrionali, e operai organizzati sindacalmente. La Belle Époque napoletana non è solo fatta di luminosi café chantant ma di iniziative economiche e progetti politici e delle prime originali forme della cultura di massa. Le classi dirigenti hanno, per lo più, una loro dignità e si preoccupano degli interessi pubblici. Questa fase di grande fervore e di grande vitalità si interromperà con lo scoppio della prima guerra mondiale. La guerra, infatti, si sarebbe rivelata un pessimo affare per la città e per tutto il Mezzogiorno, sempre più sfavoriti dalla spesa pubblica rivolta al Nord. Fino al 1915 Napoli è ancora una capitale europea. Dopo non lo sarà più.
EUR 10.45
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Le divergenze parallele. Politica, governo e società nell'Italia di oggi
I risultati delle elezioni del 4 marzo hanno\r\nportato alla formazione di una grande\r\ncoalizione populista. Fabio Bordignon, Luigi Ceccarini e Ilvo\r\nDiamanti analizzano i risultati, le ragioni\r\ne le identità alla base dell'ultimo voto,\r\nfotografando una mappa inedita del nostro\r\npaese.\r\n\r\n«Ci sono eventi che segnano un passaggio significativo, se non una vera frattura, rispetto al passato. Recente e (più) lontano. Le elezioni del 2013 possono essere considerate tali. Quelle del 4 marzo 2018 si sono spinte oltre. Alla ricerca di "precedenti che possano dare senso storico a quel voto, si sentono richiamare le elezioni politiche del 1976. Fino ad allora, la DC aveva governato senza alternative e senza avversari, durante il dopoguerra. Ma in quella consultazione il suo primato venne insidiato dal Pci. Che ottenne oltre il 34% dei voti: sette punti in più delle precedenti elezioni.» - Ilvo Diamanti\r\n\r\n\r\nLe elezioni politiche del 2018 hanno sancito la\r\ncompresenza in Italia di due tipi di populismo. Da una\r\nparte, un populismo di destra radicale, in linea con la tradizione\r\neuropea, interpretato dalla Lega. Dall'altra parte, l'originale\r\nmiscela di populismo di sinistra e di destra suggerita dal M5S.\r\nDue varianti che peraltro hanno dato luogo a un peculiare\r\nfenomeno di 'spartizione territoriale': se la Lega è rimasta forte\r\nal Nord espandendosi al centro e addirittura nel Mezzogiorno, il\r\nM5S, che nel 2013 mostrava un tratto decisamente nazionale,\r\nora raccoglie la maggioranza dei voti a Sud.\r\nMa in cosa, secondo le indagini demoscopiche, convergono e in\r\ncosa si distinguono gli elettori dei due partiti? Qual è oggi, più in\r\ngenerale, l'identikit degli elettori dei vari partiti italiani? Come\r\nsi compone la geografia sociale e territoriale del voto? Perché\r\nnel clima politico attuale i partiti tradizionali affondano? In\r\nqueste pagine, Fabio Bordignon, Luigi Ceccarini e Ilvo Diamanti\r\nritraggono i cambiamenti avvenuti nei partiti e nell'elettorato\r\ndurante gli ultimi cinque anni. Emerge, in questo quadro, forse\r\nil più interessante elemento di rottura rispetto al passato: il\r\nconfigurarsi di una nuova linea di divisione, alternativa rispetto\r\na quella tra destra e sinistra, che oppone le forze pro-sistema\r\ne anti-sistema, pro e contro l'Europa, globalisti e nazionalisti,\r\npartiti mainstream e forze populiste.
EUR 9.75
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La grande bellezza dell'italiano. Il Rinascimento
Quello che avete in mano, più che un libro, è una guida turistica per esplorare l'italiano depositato nelle opere di tre grandi protagonisti del nostro Rinascimento: Pietro Bembo, Ludovico Ariosto e Niccolò Machiavelli.Le opere d'arte, che siano fatte di linee e di colori o che siano fatte d'inchiostro e di parole, devono produrre bellezza. Di qui il titolo La grande bellezza dell'italiano, di qui l'organizzazione del libro in sale, come accade nei musei.In ciascuna è esposto il magnifico italiano di Pietro Bembo, Ludovico Ariosto e Niccolò Machiavelli: ascoltando il suono delle loro parole, che echeggia da una parete all'altra, rincorrendo il ritmo dei loro versi, che scivola sul marmo dei pavimenti, ammirando la forma delle loro frasi, che adorna volte, colonne e soffitti. Giuseppe Patota ha lavorato a questa guida pensando ai suoi studenti, agli insegnanti e a tutti i lettori interessati alla storia e colpiti dalla bellezza dell'italiano, oggi ferito a morte non tanto da chi sbaglia o manca un congiuntivo per ignoranza (che è una condizione socioculturale, non una colpa) quanto da chi, come i suoi progenitori linguistici di un secolo fa, lo sta progressivamente trasformando in una lingua violenta, rozza, insultante: in una parola, brutta. Nell'Italia di oggi, la cui ricchezza culturale pare improvvisamente oscurata dall'intolleranza, dal populismo e dalla volgarità, è tanto più necessario che le opere che studiano l'arte si pongano l'obiettivo di agevolare, a loro volta, la percezione della bellezza. L' OPE RA
EUR 22.80
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La ragione populista
Il populismo è sempre stato visto come un eccesso pericoloso, capace di mettere a repentaglio le forme politiche di una comunità razionale. Troppo semplicistico, obietta Laclau. Bisogna superare la facile condanna ed essere consapevoli che il populismo opera di fatto nella costruzione di ogni spazio comunitario, democrazia compresa.\r\nCon La ragione populista - ormai un vero e proprio classico - Ernesto Laclau, teorico della politica internazionalmente noto, offre al lettore una sorta di compendio del suo pensiero filosofico e politico sui rapporti tra democrazia, populismo e dinamiche di formazione delle identità collettive. Il libro si struttura in tre parti. La prima ripercorre a grandi linee la storia primonovecentesca della psicologia delle masse. Nella parte centrale Laclau elabora un modello teorico del tutto originale, che si muove a cavallo tra la teoria politica di Gramsci e quella psicanalitica di Freud e Lacan. Nella terza e ultima parte l'autore passa in rassegna una interessante casistica storica di 'incroci' tra democrazia e populismo: dalla vicenda italiana della Lega Nord ai regimi populistici dell'America Latina, da Perón a Vargas; dalla Francia di De Gaulle alla ex Jugoslavia di Miloševic´. Tesi portante di Laclau è che «il populismo designa una logica sociale, i cui effetti coprono una varietà di fenomeni. Il populismo è, se vogliamo dirla nel modo più semplice, un modo di costruire il politico». Dunque la politica − non solo in passato ma tutt'oggi, a dispetto di quanto si tenda a ritenere − è sopra ogni cosa una faccenda di capi, di leader, di prìncipi in grado di farsi amare dal 'popolo', anche nell'esercizio della loro autorità.
EUR 19.00
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Documanità. Filosofia del mondo nuovo
È giunto il tempo di smetterla di pensare al futuro come una proiezione del passato. La rivoluzione tecnologica ci ha portato dentro un nuovo ecosistema. Lasciamo l'homo faber nel capanno degli attrezzi e chiediamoci di nuovo: chi siamo noi? da dove veniamo? dove andiamo?Il web è il più grande apparato di registrazione che l'umanità abbia sinora sviluppato, e questo spiega l'importanza dei cambiamenti che ha prodotto. Basti pensare che sebbene più di un essere umano su due non possieda ancora un cellulare, il numero di dispositivi connessi è pari a 23 miliardi: più di tre volte la popolazione mondiale. Questa connessione, ogni giorno, produce un numero di oggetti socialmente rilevanti maggiore di quanto non ne producano tutte le fabbriche del mondo: una mole immane di atti, contatti, transazioni e tracce codificati in 2,5 quintilioni di byte. Il numero di segni disponibile per la manipolazione e la combinazione diviene incommensurabilmente più elevato che in qualunque cultura precedente, e questo cambia tutto. Ecco perché comprendere la vera natura del web è il primo passo verso la comprensione della rivoluzione in corso, che genera un nuovo mondo, un nuovo capitale, una nuova umanità: anzi una documanità. Alla radicale revisione e alla costruzione concettuale dei nostri modi di guardare alla tecnica, all'umanità, al capitale è dedicato il nuovo e definitivo libro di Maurizio Ferraris, uno dei più influenti e originali filosofi contemporanei.
EUR 22.80
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Somiglianze. Una via per la convivenza
Obiettivo del nostro tempo può essere una mera coesistenza? \r\n«In Somiglianze, gran parte del percorso si svolge nelle foreste testuali che della filosofia e della teologia, ma le società africane che l'autore ha studiato di prima mano e molte altre gli forniscono uno strumento che agisce a lungo su tutta la trama del libro: la critica dell'identità e l'esaltazione delle somiglianze e delle partecipazioni» - Adriano Favole, La Lettura\r\nL'identità è divisione, dicotomia. Separa 'noi' dagli 'altri', tagliando alla radice i rapporti di somiglianza. La diversità si trasforma così in alterità, con cui coesistere o (se è minaccia) da eliminare. Ma, prima di ogni divisione, gli 'altri' non sono forse simili a 'noi'? E, dopo ogni divisione, le somiglianze non rispuntano forse con la forza della loro inattesa resilienza? A partire da queste ipotesi, Francesco Remotti si inoltra in una impegnativa ricerca sui fondamenti della convivenza, ritenendo che la somiglianza sia una dimensione prioritaria e irrinunciabile. Dai filosofi dell'antichità a quelli della modernità, da momenti significativi del pensiero scientifico ai modi in cui in altre società sono concepite le persone, ciò che viene fatta emergere è una teoria delle somiglianze, che - prima di ogni divisione - induce a cogliere legami e intrecci non solo tra le cose, ma entro le cose. In questo modo, insieme all'identità, viene meno anche il concetto di individuo. Come già in biologia, al suo posto troviamo il 'condividuo', un soggetto che, oltre a condividere con altri somiglianze e differenze, è esso stesso espressione di una vera e propria simbiosi interna, a partire dalla quale dovrebbe risultare più facile pensare alla convivenza con gli altri.
EUR 22.80
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1969. Tutto in un anno
Si parla sempre del 1968 come anno chiave del cambiamento. E lo è stato. Ma il 1968 è il simbolo di qualcosa iniziata nel 1967 e proseguita nel 1969, senza soste, come si trattasse di un unico lunghissimo anno rivoluzionario.\r\nLo scrittore Sebastiano Vassalli disse tempo fa che il 1969 è stato il «vero '68» italiano, e forse anche mondiale. Di certo il '69 non è un anno sereno: lo apre tragicamente il gesto estremo di protesta di Jan Palach, lo studente praghese che si dà fuoco contro l'occupazione militare sovietica; lo chiude un evento altrettanto drammatico, la strage di piazza Fontana a Milano che dà l'avvio agli anni di piombo. Nel mezzo, accade di tutto. Febbraio vede accendersi la miccia delle contestazioni studentesche, da Milano a Roma. La Sapienza chiude i battenti per decisione del Rettore e prima che la polizia sgombri le facoltà si conta anche la prima vittima. Marzo è nero in Versilia: viene ritrovato il cadavere del tredicenne Ermanno Lavorini, scomparso dal 31 gennaio. Il caso di cronaca appassiona l'Italia e apre uno spiraglio sorprendente su una provincia bigotta, torbida, affogata dal conformismo. Ad aprile esplode la rivolta nelle carceri, dove il tempo sembra essersi fermato a un passato feroce, anacronistico quanto le divise a righe che i carcerati sono ancora costretti a indossare. Nei mesi seguenti arrivano nelle sale cinematografiche il Satyricon di Fellini, La caduta degli dei di Visconti, Un uomo da marciapiede di Schlesinger, e If di Anderson trionfa a Cannes. Gli italiani cantano insieme ad Al Bano ma si emozionano per i Beatles e a luglio guardano in TV lo sbarco sulla luna. Intanto è agosto e a Woodstock si celebra un concerto storico. L'autunno che segue è fin troppo caldo, tra tensioni sindacali e disordini in Fiat. Ottobre vede i trionfi di Samuel Beckett (che vince il Nobel) e Lalla Romano (lo Strega). Il 27 novembre la Camera italiana approva la legge sul divorzio, con l'appoggio del Pci. Poi, la bomba.
EUR 10.45
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Aiutateci a casa nostra. Perché l'Italia ha bisogno degli immigrati
In molti pensano che l'ondata migratoria che si è\r\nriversata nel corso degli ultimi anni nel nostro paese abbia\r\npeggiorato il benessere e l'economia nazionale. Se il flusso dei\r\nmigranti venisse interamente bloccato, dicono in molti,\r\nl'economia italiana troverebbe un nuovo impulso e il benessere\r\ndei cittadini crescerebbe. In particolare, la minore competizione\r\nnel mercato del lavoro spingerebbe in alto salari e occupazione.\r\nAnche le finanze pubbliche, stressate dalle ingenti risorse che i\r\nmigranti sottraggono al sistema di welfare, godrebbero di una\r\nsalute migliore.\r\nMa è davvero così? In realtà, tutti questi effetti attesi sono falsi.\r\nL'obiettivo di questo libro è quello di raccontare quali siano i\r\nreali effetti economici delle migrazioni sull'economia nazionale\r\npresentando in modo semplice, critico e organico i risultati\r\ndegli studi prodotti dalla comunità scientifica internazionale.\r\nSi parte da alcune domande fondamentali: qual è l'effetto delle\r\nmigrazioni su occupazione e salari? Quale impatto i migranti\r\nhanno sulla finanza pubblica? Come cambia in seguito alla loro\r\npermanenza la struttura produttiva? Possiamo davvero 'aiutarli\r\na casa loro'? Quali politiche possono contribuire a rendere\r\nl'immigrazione un fattore positivo di sviluppo senza che sia\r\nsopravvalutata la capacità di accoglienza limitata dei paesi\r\nospitanti?\r\nVedremo come, nel corso della lettura, verrà gettata nuova luce\r\nsu molte nostre convinzioni; alla fine del libro si riveleranno per\r\nquello che sono: e cioè, semplicemente non basate su dati reali.
EUR 9.10
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Trieste selvatica
Non più dighe, palazzi di banche, castelli di imperatori. Vorrei dirti di osterie, bordelli, vie in cui gli artisti si sono mischiati a gente di popolo, pellegrini, spettri di soldati senza plotone e finalmente uscire dal centro, spalancare i polmoni in Carso e più in là, nella selva. Trieste è la città di Maria Teresa, di Miramare, di Sissi, delle regate, dei caffè. Tutto vero. Ma c'è un'altra città: quella di Joyce e di chi, come lui, trascorreva le notti in locali malfamati, in mezzo alla calca umana giunta per cercare fortuna in una metropoli che fino a poco tempo prima era stata un anonimo villaggio. C'era e c'è ancora una Trieste di vicoli, di personaggi al limite tra genio e follia. C'è il Carso, non corpo separato, ma parte integrante della città: labirinto di sassi, boscaglie, doline, foibe, trincee. Ci sono boschi e foreste sterminate, luoghi in cui si è combattuto, ci si è vendicati spietatamente, si sono nascoste prove di stragi feroci, e allo stesso tempo rifugi per vagabondi pacifici, viandanti senza bandiera che non conoscono l'odio. Il selvatico batte alle porte del centro. È una forza selvaggia e liberatoria. Siamo disposti a conoscerla?
EUR 13.30
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Sette luoghi comuni sull'economia
Ci sono luoghi comuni molto diffusi tra la gente - attribuire all'euro la cattiva situazione dell'economia europea o vedere nelle banche la causa di ogni male -, ma i più pericolosi allignano tra gli economisti, perché costituiscono la 'saggezza convenzionale' degli uomini di governo e delle grandi istituzioni internazionali. Boitani usa benissimo numeri e argomentazioni per sradicare le convinzioni errate più tenaci. Leopoldo Fabiani, “L'Espresso”\r\n\r\nUn libro ampiamente documentato che si muove lungo due direttrici: da una parte la verifica non solo teorica ma reale dei problemi economici, dall'altra la convinzione che il Paese più che di grandi (e illusorie) svolte ha bisogno di muoversi a piccoli passi nella direzione giusta. Gianfranco Fabi, “Il Sole 24 Ore”\r\n\r\nAndrea Boitani smonta sette luoghi comuni sull'economia che, tradotti in politiche economiche, influenzano pesantemente le nostre vite.
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In terra d'Africa. Gli italiani che colonizzarono l'impero
«Attraverso le testimonianze dei coloni e dei politici di quel periodo Ertola ci restituisce in maniera lineare e precisa la voce di coloro che quel periodo lo vissero in prima persona» - Italiani di LibiaL'Etiopia, fin dai tempi della disastrosa battaglia di Adua del\r\n1896, era stata l'oggetto del desiderio del colonialismo\r\nitaliano. Gli italiani per decenni l'avevano voluta, sognata,\r\navevano ucciso ed erano morti per possederla.\r\nIl duce aveva piani grandiosi: eliminare l'emigrazione all'estero\r\npopolando l'Etiopia con milioni di italiani, che avrebbero\r\ndato vita a una società ideale, produttiva, razzialmente pura\r\ne perfettamente fascista. In decine di migliaia risposero\r\nall'appello, lasciarono le loro case e partirono, convinti dalla\r\npropaganda del regime che avrebbero potuto fare fortuna in una\r\nterra ricca di opportunità. La realtà sarebbe stata molto diversa.\r\nMa quali furono le esperienze di coloro che si trasferirono\r\nnelle terre del Negus? Dove e come emigrarono? Quanto fu\r\ndiversa la loro quotidianità da quella vissuta in Italia? Come\r\ninteragirono con gli etiopici e con il regime?
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