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La figlia del boia e il diavolo di Bamberga
Un cupo giallo ambientato nel Seicento tedesco, che mostra, sullo sfondo, un cupo capitolo di violenza: il processo alle streghe di Bamberga.\r\nBaviera, 1668. Insieme alla figlia Magdalena e al genero Simon, il boia di Schongau, Jakob Kuisl, è in viaggio verso Bamberga per presenziare alle nozze del fratello Bartholomäus. Dinanzi a un guado del fiume Regniz, carrettieri e contadini, riuniti in semicerchio, osservano qualcosa. Incuriosita, Magdalena, si fa largo tra la folla: nella melma affiora il braccio destro mozzato di un uomo. Qualcuno mormora che nella foresta di Hauptsmoor si aggira un mostro, una creatura dalle sembianze demoniache venuta direttamente dall'inferno. Raggiunta Bamberga, la famiglia Kuisl resta sbigottita dallo stato di abbandono e degrado in cui versa la città: gli edifici hanno le finestre sprangate da assi, ad alcuni manca la porta e dove un tempo c'erano magnifici vetri soffiati ora si spalancano buchi neri. Arrivati a casa di Bartholomäus, Jakob Kuisl apprende dal fratello che un clima di inquisizione grava sulla città. Dopo il ritrovamento di un braccio mozzato e di una gamba rosicchiata dai topi alla deriva del fiume Regnitz, e alcune misteriose sparizioni, il panico regna. Gli abitanti di Bamberga credono che sia opera del demonio, soprattutto da quando una creatura irsuta è stata vista aggirarsi di notte tra i vicoli. Jakob Kuisl, da uomo illuminato quale è, si rifiuta di credere a una simile superstizione e, insieme alla figlia, decide di indagare sul caso; un caso curiosamente legato alle abitazioni in rovina, testimoni silenziose di un crimine violento, forse il più violento che quelle contrade abbiano mai visto: il processo alle streghe di Bamberga.
EUR 18.05
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Bambole di pietra. La leggenda delle Dolomiti
Un libro per i montanari incalliti.\r\n«Che cosa farebbe, se fosse davvero un nostro contemporaneo, Dolomieu, lo scienziato di fine Settecento del quale le Dolomiti portano il fortunato nome?»\r\n\r\nNella seconda metà del XVIII secolo Déodat de Dolomieu, geologo e viaggiatore, filosofo e pittore, valente conversatore e seduttore, si avventura nella regione delle Alpi, senza servitù e con qualche pregiata bottiglia di vino e una non modica quantità di caffè nel nécessaire. Viaggia per quasi un mese, spesso a piedi, tra montagne fatte di «pietre calcaree luminose, biancastre e grigiastre». È incantato a tal punto da quella roccia da portarsene dietro più di un frammento che, una volta tornato in Francia, spedisce all'amico Théodore-Nicolas De Saussure. Nel 1792 Saussure battezza quel tipo di roccia dolomia, in onore dell'amico. Nella prima metà del secolo successivo l'intera catena di monti fatta di quelle pietre calcaree viene chiamata Dolomiti.\r\nCosì comincia la «leggenda» di quelle magnifiche montagne affiorate, come per magia, dal fondo del mare 250 milioni di anni fa. Una leggenda che risale appunto alle scoperte dei geologi viaggiatori di fine Settecento e inizio Ottocento, prosegue con le prime avventure degli alpinisti, si muta in una vera e propria «dolomitologia» a opera di numerosi scrittori e giornalisti, e vacilla inevitabilmente quando emergono gli interessi turistici, in primo luogo lo sci, l'hotellerie di lusso e i riti delle vacanze-intrattenimento.\r\nBambole di pietra narra la storia di questa leggenda attraverso un racconto avvincente in cui sfilano in prima persona tanti protagonisti, dall'eroe italiano Cesare Battisti a quello tirolese Andreas Hofer, dallo scienziato Dolomieu al mito alpinistico di casa Reinhold Messner, dallo scrittore Dino Buzzati al cineasta Luis Trenker.
EUR 11.88
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Creazione e anarchia. L'opera nell'età della religione capitalistica
I cinque scritti qui raccolti cercano di disinnescare questo dispositivo attraverso una paziente indagine archeologica dei concetti di opera (Archeologia dell'opera d'arte), creazione (Che cos'è l'atto di creazione), comando e volontà (Che cos'è un comando).\r\n\r\nNella cultura occidentale, principio, creazione e comando sono strettamente intrecciati. L'arché, l'origine, è sempre già anche il comando, l'inizio è sempre anche il principio - il «principe» - che governa e comanda. Questo è vero tanto in teologia, dove Dio non solo crea il mondo, ma lo governa e non cessa di governarlo attraverso una creazione continua, quanto nella tradizione filosofica e politica, in cui principio e creazione, comando e volontà formano insieme un dispositivo strategico senza il quale l'edificio della nostra società crollerebbe.\r\nI cinque scritti qui raccolti cercano di disinnescare questo dispositivo attraverso una paziente indagine archeologica dei concetti di opera (Archeologia dell'opera d'arte), creazione (Che cos'è l'atto di creazione), comando e volontà (Che cos'è un comando). Il territorio dell'arché viene percorso ed esplorato in ogni senso alla ricerca di una via di uscita an-archica. Finché, nel testo che chiude il libro (Il capitalismo come religione), l'anarchia appare come il centro segreto del potere, che si tratta di portare alla luce, perché un pensiero che abbia deposto tanto il principio che il suo comando diventi possibile.
EUR 11.88
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Il cuore delle ragazze arde più forte
L'esordio letterario di una nuova, potente voce dell'India contemporanea\r\n«Shobha Rao è una scrittrice capace e sicura, in grado di padroneggiare una trama ampia e ambiziosa» - The New York Times Book Review\r\n«La cosa più memorabile di questo sorprendente romanzo è l'autentica voce femminile che emerge dalle sue pagine» - San Francisco Chronicle\r\n\r\nUna volta al mese, la giovane Poornima sale al tempio sull'Indravalli Konda a pregare per la madre, spentasi dopo una lunga malattia. Sedici anni, la pelle scura come il cielo della notte e cinque fratelli più piccoli di cui prendersi cura, Poornima trascorre le giornate a filare seduta al charkha e a immaginare per sé un destino migliore di quello che ha approntato per lei suo padre. Uomo brusco e autoritario che appartiene alla casta dei tessitori, il padre la vorrebbe infatti maritata il prima possibile, poiché dopo la morte della moglie ha bisogno di nuove braccia che lo aiutino nella tessitura di sari. Un giorno, entrando in casa, Poornima scorge una ragazza seduta al telaio di sua madre: indossa un modestissimo sari di cotone e sull'avambraccio destro ha una grossa voglia rotonda. Eppure, quella giovane sconosciuta brilla di una luce speciale. Savitha, questo il nome della ragazza, ha tre sorelle minori che passano la giornata a perlustrare i mucchi d'immondizia per raggranellare qualche rupia, la madre fa le pulizie nelle case altrui e il padre, dopo anni di alcolismo, ha smesso di bere quando la sua artrite reumatoide si è aggravata al punto da impedirgli di reggere in mano un bicchiere. Eppure, nonostante questo, Savitha non perde mai il sorriso. Tra le due ragazze si instaura una profonda amicizia, un legame fortissimo che accende in entrambe la scintilla della ribellione al mondo che le vorrebbe miti e sottomesse. Fino a quando, una notte, Poormina viene svegliata da un gemito sommesso che arriva dal capanno della tessitura... Da questo momento, l'esistenza che le due ragazze hanno sempre condotto verrà spazzata via, e soltanto l'amicizia che le lega l'una all'altra saprà condurle, in un pericoloso viaggio attraverso un'India sconosciuta e spietata, verso le difficili prove che la vita porrà loro davanti.
EUR 17.10
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In
Abilissima come sempre nel tratteggiare la psicologia dei suoi personaggi, Natsuo Kirino consegna con In un romanzo impeccabile, di alto valore letterario, che ne conferma il ruolo di autrice di assoluto rilievo della letteratura giapponese contemporanea.\r\n«Kirino continua a tracciare con maestria il proprio territorio: gli estremi della psiche umana che si affacciano sull'orrore.» - The Washington Post\r\n«La scrittrice di Tokyo, famosissima in patria, è una delle contestatrici più formidabili delle istituzioni sacre alla società nipponica.» - Il Venerdì di Repubblica\r\n\r\n\r\n\r\nSuzuki Tamaki, scrittrice di successo, è al lavoro sul suo nuovo romanzo «IN - Oscenità». Il romanzo, di cui Tamaki ha già scritto la prima parte, ha per protagonista un personaggio femminile di un altro romanzo, «L'innocente», scritto circa quarant'anni prima dal famoso scrittore Midorikawa Mikio. «L'innocente» è un romanzo autobiografico, in cui lo scrittore protagonista e Io narrante descrive il difficile rapporto con la moglie Chiyoko e la relazione segreta con l'amante Maruko. Suzuki Tamaki, dopo aver deciso di fare di Maruko la protagonista del suo romanzo, parte alla ricerca della donna (ammesso che esista per davvero) e comincia a indagare sulla vita dello scrittore Midorikawa Mikio. L'indagine, in cui la protagonista è coadiuvata da due giovani redattori, s'intreccia con la vita privata di Tamaki, che vive a sua volta la fine di una intricata relazione clandestina con il suo editor, Abe Seishi. Emergono così in superficie numerosi episodi scabrosi: l'indole perversa dello scrittore Midorikawa, uomo abietto e donnaiolo senza scrupoli; la "purezza" della sua amante, praticamente sfruttata; la vendetta della moglie Chiyoko, che diventa scrittrice di successo surclassando il marito.
EUR 17.10
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Perché i poeti. La parola necessaria
Mazzarella mostra in queste pagine la parola necessaria della poesia e la sua insostituibilità come fenomeno peculiare dell'esistenza umana.Nel 1946 Martin Heidegger tenne una conferenza, Perché i poeti?, pubblicata poi nei saggi di Holzwege. Negli scritti di Heidegger, è tra quelli che segnano il grande confronto del pensiero heideggeriano con il dire dei poeti, e la cosiddetta svolta nel pensiero del filosofo tedesco dall'analitica esistenziale di Essere e tempo alla riflessione sul senso dell'essere come evento del linguaggio custodito nella poesia. Passaggio che avviene soprattutto attraverso un'interrogazione sull'essenza della poesia in Hölderlin. In questa piccola opera, Eugenio Mazzarella ritorna sui temi propri del confronto di Heidegger con la poesia, e la domanda sulla sua essenza, in una prospettiva, però, in cui l'analitica esistenziale non è affatto abbandonata. Il senso dell'essere, la verità dell'essere, schiusa dalla poesia, appare come un "fatto di parola", come l'evento stesso del linguaggio, ma è, ad un tempo, anche un'esperienza esistenziale. Lo "strano fatto" della poesia è "l'istituzione linguistica del mondo" prima che ci siano le singole cose, è l'apertura stessa del mondo. Ma questa "istituzione linguistica" è imprescindibile dall'Esserci, dall'Io che nomina il mondo e, nominandolo, ritrova sé stesso. Di qui il ruolo, centrale e fondativo, come insegnerà Leopardi, dell'Io lirico. In un attraversamento, dell'esperienza della grande lirica moderna, del "nichilismo" poetico di Leopardi, del suo presupposto spirituale nell'Ecclesiaste, e in un confronto con la stessa lettura di Heidegger di Hölderlin, Mazzarella mostra in queste pagine la parola necessaria della poesia e la sua insostituibilità come fenomeno peculiare dell'esistenza umana.
EUR 13.78
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La follia di Dunbar
Magistrale reinterpretazione del Re Lear, La follia di Dunbar è una splendida conferma del talento dell'autore dei Melrose nel descrivere con ironia e grazia i nuovi demoni della nostra epoca.\r\n\r\n«L'accostamento di St Aubyn con Lear sembra predestinato - chi, meglio dell'autore dei romanzi su Patrick Melrose, può fare i conti con un'opera teatrale intrisa di una indicibile crudeltà dell'uomo verso i propri simili? Non c'è un altro romanziere capace di combinare come lui il dono dell'ironia con una profonda comprensione della desolazione dell'esistenza» - The Atlantic\r\n\r\n«St Aubyn non esita a infilzare con la propria penna i ricchi e i dissoluti» - The Los Angeles Times\r\n\r\n«Un brillante riadattamento del "Re Lear" di William Shakespeare» - Kirkus\r\n\r\n«Mi hanno rubato il mio impero». Henry Dunbar, magnate canadese dei media, ha commesso un errore imperdonabile per un uomo ricco e potente come lui: voler conservare i privilegi del potere senza avere il potere. Destinando il Trust alle sue due figlie legittime, Megan e Abigail, pensava semplicemente di privarsi del fardello di gestirlo quotidianamente e di fare, perciò, del mondo il suo parco giochi ideale, il suo hospice privato, mantenendo l'aereo, l'entourage, le proprietà e le sue ricchezze.\r\nSi ritrova invece, ora, tra le mura di un ospizio vero, una di quelle case di cura per ricchi dal mortuario conforto, imbottito di farmaci che dovrebbero lenirne il «crollo psicotico» diagnosticato dal suo medico personale, corrotto a tal punto dalle sue malefiche figlie da essere divenuto «il loro ginecologo fin troppo personale, il loro pappone». In compagnia di Peter Walker, un celebre e bizzarro comico alcolizzato che, a suo dire, soffre di depressione, la malattia dei comici o «la finzione della tragica malattia dei comici», Dunbar maledice quotidianamente le sue figlie legittime, «avvoltoi» che gli fanno a brandelli il cuore e le viscere, «cagne viscide e traditrici », e non fa altro che pensare a quella che Peter chiama la Grande Evasione. Una fuga per riavere tutto, riacquistare il potere, punire le figlie cattive a lasciare tutto il suo impero a Florence, la figlia illegittima, che ha ereditato il fascino e la bellezza della madre, oltre alla sua disarmante simpatia. Magistrale reinterpretazione del Re Lear, la tragedia piú nera di Shakespeare, La follia di Dunbar è un'avvincente versione contemporanea dell'«apologo della negligenza paterna e della crudeltà filiale» (Financial Times) oltre a costituire una splendida conferma del talento dell'autore dei Melrose nel descrivere con ironia e grazia i nuovi demoni della nostra epoca.
EUR 16.15
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Guantanamo
Narrando di un giovane arabo rinchiuso senza colpa nel campo di prigionia di Guantanamo, negli anni immediatamente successivi agli attentati dell'11 settembre, Youssef Ziedan affronta uno dei temi fondamentali del nostro tempo, in cui la lotta al terrore con il terrore finisce inevitabilmente col minare i fondamenti stessi della democrazia e della dignità dell'uomo.\r\nQuando viene bendato, incatenato e trasportato a Guantanamo, il campo di prigionia più famoso al mondo, il protagonista senza nome di questo romanzo sa già cosa lo aspetta. Sa che lo picchieranno e lo tortureranno. Anche se è innocente. La sua unica sfortuna è stata quella di trovarsi al confine fra Pakistan e Afghanistan a ultimare delle riprese per alJazeera e di esser stato «venduto» da alcuni ufficiali corrotti alle forze americane. A Guantanamo, però, lui è considerato un jihadista come tanti altri. I suoi aguzzini lo battezzano «Press», per la sua ostinazione a dirsi innocente. I detenuti, invece, «Abu Bilal», dal nome del primo muezzin del Profeta. Nonostante l'isolamento e i morsi della fame, l'uomo si affida alla preghiera ed è proprio con la preghiera che riesce a non cedere alla tristezza e alla malinconia, quando pensa alla moglie Muhaira rimasta sola a Doha; alla madre e ai fratelli che vivono in Sudan ignari della sua condizione di prigioniero; o a Nora, una ragazza di Alessandria che è stato il suo primo amore. Quando, dopo anni di privazione, gli viene paventata l'ipotesi di un rilascio, la libertà rimane comunque un miraggio: prima di andarsene dovrà affrontare una faticosa «rieducazione» con Sara, una psicologa militare. La realtà che lo aspetta, infatti, è dura da affrontare: suo padre è morto e sua moglie ora vive con un altro uomo. Se seguirà le istruzioni dei vari agenti segreti che lo controllano, un giorno Abu Bidal potrà raggiungere la sua famiglia che si è trasferita in Egitto. E, chissà, magari riallacciare anche i rapporti con quel primo amore mai dimenticato.
EUR 17.10
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Il naso di Dante
«Nella visione di Giotto, in quel naso aquilino ma dolce, destinato a diventare aquilino e grifano, è forse racchiuso il mistero non di Dante, ma del suo pensiero»\r\n\r\n\r\nNel 1840, nel palazzo del Bargello di Firenze, viene riportato alla luce il ritratto giovanile di Dante dipinto da Giotto. Principale fautore della scoperta è l'inglese Seymour Kirkup, pittore, allievo e amico di William Blake, che realizzò una copia perfetta del Dante giottesco e la inviò in Inghilterra, all'esule e studioso Gabriele Rossetti, padre di Dante Gabriele Rossetti, fondatore, quest'ultimo, della Confraternita dei Preraffaelliti. L'idea principale di Gabriele Rossetti è che Dante sia un ""Fedele d'amore"", vale a dire depositario di una conoscenza superiore che si rifà alla tradizione provenzale dei trovatori, ispirata all'eresia catara. L'opera di Dante sarebbe dunque una grande allegoria che si rivolge a chi la sa comprendere. Il Poeta stesso lo suggerisce nel ix canto dell'Inferno: ""O voi ch'avete li 'ntelletti sani,/ mirate la dottrina che s'asconde/ sotto 'l velame de li versi strani"". A partire da quel momento, Dante diverrà oggetto delle più fantasiose interpretazioni: un gesuita cercherà di dimostrare che il Poeta era un occulto templare, Giovanni Pascoli dedicherà molti anni della sua vita e ben quattro volumi all'interpretazione esoterica di Dante, mentre uno stimato studioso spagnolo delle tradizioni islamiche, Miguel Asìn Palacios, dimostrerà i debiti della Divina Commedia a testi musulmani e i collegamenti alla crociata a cui partecipò Eleonora d'Aquitania, madre di Riccardo Cuor di Leone. Infine, il ritrovamento di un manoscritto dedicato alla Beatrice di Dante, riconoscerà il Sommo poeta come eretico e propugnatore di idee socialiste.
EUR 12.82
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La maledizione di Melmoth
Il nuovo atteso romanzo dell'autrice de Il serpende dell'Essex, con il quale "suggella il suo ruolo di precorritrice della rinascita gotica della letteratura" (Melissa Harrison)\r\n\r\n\r\n«Sarah Perry è una scrittrice meravigliosa. La maledizione di Melmoth unisce atmosfera, terrore, paura e malinconia.» - Susan Hill\r\n\r\n\r\n\r\n «Da sempre ho desiderato far vivere sulla pagina un grande "mostro" - il mio Frankenstein o Dracula - ma volevo fosse donna» Sarah Perry\r\n\r\n\r\n\r\nSono passati molti anni da quando Helen Franklin ha lasciato l'Inghilterra. A Praga, lavorando come traduttrice, ha finalmente trovato un posto da chiamare casa. La sua vita prende però una piega inaspettata quando il suo amico Karel le consegna un misterioso documento, che gli è stato lasciato da un anziano signore in biblioteca, una strana confessione e, al contempo, un curioso avvertimento che parla di Melmoth la Testimone. Secondo la leggenda Melmoth apparteneva al gruppo di donne che si recarono alla tomba di Cristo per ungere il suo corpo, scoprendo che la pietra del sepolcro era stata rimossa e che il corpo del Signore era scomparso. Melmoth negò categoricamente ciò che aveva visto e fu maledetta non con la morte, ma con l'assenza di morte, costretta a vagare per la terra fino al ritorno del Messia e condannata per sempre ad apparire dove regnano desolazione e morte. Helen ritiene che le storie su Melmoth non siano altro che sciocche leggende e superstizioni, ma quando Karel svanisce nel nulla, Helen capisce che il male ha molti volti e che la prossima vittima di Melmoth potrebbe essere proprio lei… Mescolando leggende e antiche tradizioni, Sarah Perry ha dato vita a un'affascinante storia gotica capace di scavare tra le paure più profonde dell'essere umano.
EUR 16.15
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Chiamerò la polizia
Chiamerò la polizia è una potente esplorazione dei temi cari a Yalom - memoria, paura, amore e guarigione - e, al contempo, un libro forte, intenso, capace di trasmettere con vertiginosa drammaticità la tragedia della Shoah\r\n\r\n«Irvin Yalom è uno psichiatra che pensa come un filosofo e scrive come un raffinato romanziere» - Rebecca Newberger Goldstein\r\n\r\n«Yalom è uno studioso della condizione umana. La sua voce mescola meraviglia e umiltà» - Boston Globe \r\n \r\n\r\n«Avevo quindici anni. Ero scappato da una colonna di prigionieri che i nazisti stavano portando dal ghetto alla stazione, per deportarli, ed ero riuscito a tornare a Budapest, dove vivevo fingendomi cristiano grazie a documenti d'identità falsi. Tutti i membri della mia famiglia erano stati già arrestati e deportati».\r\nDa troppi anni, infatti, Bob vive due vite: una diurna come cardiochirurgo affabile, scrupoloso e infaticabile, e una notturna, quando i brandelli di orribili ricordi si fanno largo nei suoi sogni. Yalom sa che è giunto il momento di accompagnare l'amico fin dentro il suo incubo. Nei loro cinquant'anni di amicizia, Bob Berger non ha mai rivelato ad anima viva il suo passato di rifugiato di guerra sopravvissuto all'Olocausto, arrivato fino a Boston da solo, come profugo, all'età di diciassette anni, dopo essere sfuggito ai nazisti fingendosi cristiano. Ora è giunto il momento di affrontare i propri demoni.\r\nInsieme, Yalom e Berger interpretano i frammenti di una storia che, per essere esorcizzata e finalmente dimenticata, va affrontata in tutti i suoi più intimi risvolti psicologici.
EUR 9.50
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Bugie d'estate
Sette storie, sette bugie. Sette racconti in cui Schlink mostra la sua straordinaria capacità di penetrare nell'animo umano e di restituirne con precisione fragilità e disincanto.\r\n«Avvincente e coinvolgente. Schlink, come un chirurgo, scava nei tessuti della psiche umana fino a quando la finzione in cui siamo avvolti viene denudata» - The Indipendent\r\n«Meditazioni potenti e profondamente commoventi sulla vita familiare, l'amore e il dovere» - L.A. Times\r\nChe cosa resta quando una speranza, un'illusione vanno in frantumi? Perché non possiamo evitare di affidarci ad altre speranze e illusioni ancora? Perché ci è impossibile affrontare la vita senza dire e dirci menzogne? Nelle sette storie raccontate in queste pagine, non vi è nessuna parola di troppo, nessuna frase priva di senso. Con la sua impeccabile scrittura, Bernhard Schlink conduce il lettore al cospetto di protagonisti che, intrappolati nel loro ego, cercano di rammendare la propria vita con un tessuto di bugie e silenzi capace di velare passioni, soffocare sentimenti, celare piccoli e grandi conflitti. C'è Richard che, in «Fine stagione», durante una vacanza al Capo, si innamora di Susan, una «personcina dagli occhi troppo piccoli, il mento troppo pronunciato, la pelle troppo sottile» e, tuttavia, una «personcina» capace di vedere in lui «ciò che lui stesso non vede». Richard ha la sensazione di doversi decidere, abbandonare la sua vecchia vita per la nuova. Una sensazione, però, che, nell'istante stesso in cui affiora, affievolisce immediatamente, diventa subito «stanca». C'è il protagonista maschile che, nella «Notte a Baden-Baden», vive una storia d'amore fatta di tradimenti consumati e non, e di piccole bugie che gli permettono di evitare i grandi conflitti. Il giorno, tuttavia, in cui emerge la verità su una sua notte a Baden-Baden, scopre che «senza la fede ingenua nell'altro l'amore non è possibile». C'è il giovane uomo che, in «Johann Sebastian Bach sull'isola di Rügen», invita il padre al festival bachiano sull'isola di Rügen per trascorrere insieme due o tre giorni fatti di concerti e passeggiate sulla spiaggia, e venire in questo modo a capo di un rapporto che negli anni si è mostrato del tutto privo di ogni tenerezza e intimità. Durante il viaggio in auto verso Rügen, il padre, però, se ne sta seduto diritto, le gambe accavallate, le braccia appoggiate ai braccioli, le mani a penzoloni. Poi si addormenta, russando e biascicando.
EUR 16.15
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L' isola dei fucili
Un viaggio mirabolante, che attraverserà secoli e terre, e in cui antiche leggende e miti acquistano un nuovo significato in un mondo come il nostro, dove la guerra tra profitto e Natura sembra ormai non lasciare più vie di scampo al di là dei mari.\r\n«Un avvincente romanzo del nostro tempo, costruito attorno ai due argomenti più dibattuti del mondo contemporaneo: il cambiamento climatico e le migrazioni» - Rumaan Alam, The Washington Post \r\n«Questo è sì un romanzo (intriso peraltro di una felicissima vena narrativa, per ampi tratti perfino avventurosa), ma l'ho percepito al tempo stesso come un saggio più che mai toccante sull'abbandono della propria terra, sullo strazio del viaggio senza meta, sul mercimonio della disperazione» - Stefano Massini, Robinson\r\n«Ghosh riesce nell'incredibile impresa di affrontare il cambiamento climatico attraverso un avvincente romanzo d'avventura» - Melanie Finn, The New York Times Book Review\r\nCommerciante di libri rari e oggetti d'antiquariato, Deen Datta vive e lavora a Brooklyn, ma è nato nel Bengala, terra di marinai e pescatori. Non c'è stato perciò tempo della sua infanzia in cui le leggende fiorite nelle mutevoli piane fangose del suo paese, affascinanti storie di mercanti che scappano al di là del mare per sfuggire a dee terribili e vendicatrici, non siano state parte del suo mondo fantastico. In uno dei suoi ritorni a Calcutta, o Kolkata come viene detta oggi, Deen ha la ventura di incontrare Kanai Dutt, un lontano parente ciarliero e vanesio che, per sfidarlo sul terreno delle sue conoscenze del folklore bengali, gli narra la storia di Bonduki Sadagar, che nella lingua bengali o bangla significa «mercante di fucili». Bonduki Sadagar era, gli dice, un ricco mercante che aveva fatto infuriare Manasa Devi, la dea dei serpenti e di ogni altra creatura velenosa, rifiutando di diventare suo devoto. Tormentato dai serpenti e perseguitato da alluvioni, carestie, burrasche e altre calamità, era fuggito, trovando riparo al di là del mare in una terra chiamata Bonduk-dwip, «Isola dei fucili». Braccato, infine, di nuovo da Manasa Devi, per placare la sua ira, era stato costretto a far erigere un dhaam, un tempio in suo onore nelle Sundarban, nelle foreste di mangrovie infestate da tigri e serpenti. La leggenda del mercante dei fucili resterebbe tale per Deen, una semplice storia, cioè, da custodire nell'armadio dei ricordi d'infanzia, se il vanesio Kanai non aggiungesse che sua zia Nilima Bose ha visto il tempio e sarebbe ben lieta se Deen l'andasse a trovare. Comincia così, per il commerciante di libri rari di Brooklyn, uno straordinario viaggio sulle tracce di Bonduki Sadagar che dalle Sundarban, la frontiera dove il commercio e la natura selvaggia si guardano negli occhi, il punto esatto in cui viene combattuta la guerra tra profitto e Natura, lo porterà dall'India a Los Angeles, fino a Venezia.
EUR 17.10
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Fratelli d'anima
Vincitore dell'International Man Booker Prize 2021 - Vincitore del Premio Strega Europeo 2019 - Vincitore del premio Goncourt des Lycéens 2018\r\n\r\n«Uno dei romanzi più belli e potenti della rentrée letteraria» - Le Figaro Littéraire\r\n\r\n«Una lingua ammaliante, che canta con la bellezza delle sue metafore e allegorie» - Le Nouvel Observateur\r\n\r\nSul fronte occidentale, nelle trincee francesi, tra i soldati bianchi coi loro vistosi calzoni rossi spiccano i fucilieri senegalesi, «i cioccolatini dell'Africa nera», come li chiama il capitano Armand. Prima di ogni assalto, il capitano non manca di ricordare loro che sono l'orgoglio della Francia, «i piú coraggiosi dei coraggiosi», un autentico incubo per i nemici che hanno paura dei «negri selvaggi, dei cannibali, degli zulú». I senegalesi ridono contenti. Poi, mettendosi in faccia gli occhi da matto, sbucano fuori dalla trincea con il fucile nella mano sinistra e il machete nella destra. Alfa Ndiaye e Mademba Diop sono amici, fratelli d'anima cresciuti insieme in Africa, lontano dai freddi accampamenti del fronte. Quando in trincea risuona il colpo di fischietto del capitano, escono anche loro dal buco urlando come selvaggi indemoniati per non apparire meno coraggiosi degli altri. Un giorno, però, Mademba Diop viene ferito mortalmente e, con le budella all'aria, chiede per tre volte ad Alfa di dargli il colpo di grazia. Per tre volte Alfa si rifiuta e, dopo una lunga e atroce agonia, Mademba muore. La morte dell'amico consegna Alfa all'impensabile, a tutto ciò che gli antenati e il mondo di ieri avrebbero proibito e che invece la grande carneficina della guerra moderna concede. A ogni fischio di chiamata del capitano Armand, Alfa si precipita fuori dalla trincea e corre verso i «nemici dagli occhi azzurri», uccidendo senza pietà e tagliando alle sue vittime una mano come trofeo di guerra. Una, due, tre, quattro... otto mani. Come un demone, uno stregone, un divoratore di anime, che soltanto una voce del mondo di ieri potrebbe salvare... Romanzo che è valso al suo autore il prestigioso premio Goncourt des Lycéens e l'entusiastico e unanime apprezzamento della critica, Fratelli d'anima mostra come nel naufragio totale della civiltà rappresentato dalla Grande Guerra non soltanto l'Europa, ma anche una parte non trascurabile dell'Africa perse la sua anima e la millenaria tradizione che la custodiva.\r\nPremio Strega Europeo: Fratelli d'anima è stato votato da una giuria composta da scrittori vincitori e finalisti del Premio Strega - Laura Bosio, Giuseppe Catozzella, Teresa Ciabatti, Antonella Cilento, Maria Rosa Cutrufelli, Paolo Di Paolo, Mario Fortunato, Helena Janeczek, Paolo Giordano, Nicola Lagioia, Lia Levi, Dacia Maraini, Wanda Marasco, Paola Mastrocola, Melania G. Mazzucco, Edoardo Nesi, Valeria Parrella, Lorenzo Pavolini, Romana Petri, Domenico Starnone, Sandro Veronesi e Andrea Vitali. A i loro voti si aggiungono quelli di Maria Ida Gaeta, Giovanni Solimine e Stefano Petrocchi, rappresentanti delle istituzioni responsabili della selezione dei libri in gara.\r\nUn riconoscimento è stato assegnato anche al traduttore del libro, Giovanni Bogliolo, segno tangibile dell'importanza che hanno le traduzioni come strumento di dialogo e di conoscenza.
EUR 15.20
L' albatro
Facendo propria l'idea che il destino di ogni adulto vada cercato nei suoi sogni di bambino, Simona Lo Iacono tratteggia, con sontuosa eleganza, il ritratto di una delle più importanti figure della letteratura italiana, Giuseppe Tomasi di Lampedusa, scrittore dalla complessa personalità e autore del celeberrimo «Il Gattopardo».\r\n«L'albatro è insieme autobiografia romanzata, educazione sentimentale, affresco del mondo dell'aristocrazia siciliana ormai al tramonto, rievocazione magica e poeticissima dell'infanzia, storia della genesi di un capolavoro e celebrazione del potere della parola, indispensabile a "esistere, ancora prima che a rivelare"» - Marzia Fontana, La Lettura\r\n«Una scrittrice di incantesimi e malie» - Avvenire\r\n«C'è una risposta alla morte, ed è la poesia. C'è un rimedio al tempo, ed è la scrittura»\r\n\r\n\r\nPalermo, 1903. Giuseppe Tomasi di Lampedusa è un bambino solitario e contemplativo, uno di quelli che preferiscono «la stranezza delle cose alle persone», avendo «per compagnia solo il silenzio». Figlio unico di una nobile famiglia siciliana, vive nello sfarzoso palazzo di via Lampedusa, circondato unicamente da adulti, dei cui discorsi, tuttavia, capisce ben poco.\r\nUn giorno, nella sua vita, arriva Antonno: nessuno si prende la briga di presentarli e i due bambini si ritrovano all'improvviso l'uno dinnanzi all'altro, Giuseppe con il completo all'inglese in gabardine blu, i pantaloni sotto il ginocchio e il gilet bordato di seta. Antonno con la camicia arrotolata, di due misure più grande, le scarpe estive, i calzettoni invernali e in testa una paglietta bucata sulla punta. È un misto di stagioni e taglie sbagliate, Antonno, un bambino «tutto al contrario»: se sfoglia un libro comincia dall'ultima pagina, se vuole andare avanti cammina all'indietro e non c'è verso di fargli iniziare la settimana di lunedì o di togliergli dalla testa che si nasce morendo. Giuseppe non sa nulla del passato di Antonno, né tantomeno i motivi per i quali gli sia stato messo accanto. Sa però che Antonno non è come gli altri bambini e che la fedeltà che dimostra nei suoi confronti è pari solo a quella dell'albatro: tenacissimo, l'albatro non abbandona il capitano nemmeno nella disgrazia, seguendolo nella buona e nella cattiva sorte. Da quel momento, non c'è avventura, per quanto discutibile, in cui Antonno non lo affianchi. E non c'è notte in cui non vegli su di lui, come un fedele custode. Fino al giorno in cui, all'improvviso, così come è arrivato, Antonno svanisce. Divenuto adulto, Giuseppe partecipa ai due conflitti mondiali; dopodiché si ritira a vita privata, viaggiando e dimorando per lunghi periodi all'estero, dove conosce Alexandra Wolff, detta Licy, che diverrà sua moglie, e dove inizia a confrontarsi con i grandi della letteratura europea. Saranno questi viaggi a portarlo a cimentarsi, quasi alla fine della sua vita, nella stesura di un romanzo ispirato alla figura del bisnonno paterno Giulio Fabrizio, l'astronomo, il sognatore. Un romanzo che avrà per protagonista un personaggio fugace, un nobiluomo colto e malinconico che perde il suo sguardo nel cielo per fuggire la terra: si intitolerà Il Gattopardo e, dopo lunghi anni, ricondurrà da lui Antonno...
La presa di Singapore
Sferzante e irresistibile romanzo sulla caduta dell'Impero britannico e, nello stesso tempo, impeccabile ricostruzione dello sfarzo e delle miserie della vita dei coloni inglesi negli anni Trenta, La presa di Singapore conclude la Trilogia dell'Impero, iniziata con Tumulti e proseguita con L'assedio di Krishnapur, trilogia che ha fatto di J.G. Farrell uno dei più acclamati e importanti scrittori inglesi del Novecento.«Un romanzo brillante, complesso, assurdo e malinconico sulle follie e gli splendori dell'Impero coloniale britannico» - Hilary Spurling«Questo vivido affresco di Singapore è un libro superbamente costruito, divertente per molteplici aspetti» - The Sunday Times«Con la sua arguzia gentile Farrell cattura l'anima di Singapore» - Time MagazineSingapore, 1937. Walter Blackett, president dell'illustre casa mercantile Blackett and Webb Limited, fino a qualche tempo fa non poteva certo lamentarsi della sua vita, condotta sempre nel segno della tranquillità e di una crescente fortuna. Al punto tale che, nei due decenni dopo la Grande Guerra, solo un paio di volte qualcosa ha osato turbare il placido equilibrio della sua esistenza. Si trattava, però, di piccolo questioni, faccende di nessun peso. Nulla, insomma, che potesse essere accostato alle gravose circostanze in cui si ritrova a vivere ora. Saranno i tempi moderni, ma tanto per cominciare Joan, la figlia maggiore, frequenta solo giovani pretendenti del tutto inadatti a lei e alla sua condizione. Un'attitudine intollerabile per un uomo come Walter Blackett, che non può certo lasciare che le figlie convolino a nozze con un avventuriero qualsiasi. Norma vorrebbe che la figlia del presidente della Blackett and Webb Limited sposasse qualcuno che abbia il suo stesso rango all'interno della Colonia. Il figlio di Mr Webb, il suo socio in affari, ad esempio. Peccato che anche per il ragazzo di Webb non sembra valere più alcuna norma: il rampollo è cresciuto con strambe idee progressiste sull'alimentazione e l'istruzione e, anziché affiancare il padre nella conduzione della casa mercantile, lavora per la Società delle Nazioni. Per giunta, con il passare degli anni, lo stesso Mr Webb dà segno di inesplicabili stramberie. Ha preso l'abitudine di potare le rose in giardino completamente nudo e di recente ha anche iniziato a invitare a casa sua giovani cinesi di entrambi i sessi «per modellare il fisico» per mezzo di sessioni di allenamento e ginnastica. Per fortuna gli affari vanno a gonfie vele. La guerra, e la corsa dei governi inglese e americano all'accaparramento di scorte per affrontare un eventuale crollo delle forniture, ha portato la domanda di gomma a livelli mai visti. Certo, gli scioperi dell'ultimo decennio hanno cambiato il volto della Malesia Britannica e ancora scuotono il paese. Ma chi potrebbe lontanamente supporre che il glorioso Impero britannico, con i suoi stabili confini tra classi e nazioni, possa correre un qualche pericolo?
EUR 21.85
Dai tuoi occhi solamente
Candidato al Premio Strega 2019Dopo Dentro soffia il vento, Francesca Diotallevi dà un'ulteriore prova del suo talento con uno struggente, autentico romanzo sulla vita di una delle grandi artiste «invisibili» del xx secolo: Vivian Maier.\r\n\r\n«Schiva al punto di scattare migliaia di fotografie\r\nsenza svilupparle, morta ottantatreenne nel 2009,\r\nsola, senza un soldo e senza fama,\r\nVivian Maier ha alimentato il suo mito\r\ncon la sua invisibilità» - la Repubblica\r\n«Vivian era una donna sola. Se per scelta o per forza,\r\nrimane impossibile affermarlo con certezza.\r\nMa non bastano la porta chiusa della sua stanza,\r\nle false generalità, il mondo vietato agli altri\r\nad esaurire il quadro» - il Manifesto\r\n\r\nNew York, 1954. Capelli corti, abito dal colletto tondo, prime rughe attorno agli occhi, ventotto anni, Vivian ha risposto a un'inserzione sul New York Herald Tribune. Cercavano una tata. Un lavoro giusto per lei. Le famiglie l'hanno sempre incuriosita. La affascina entrare nel loro mondo, diventare spettatrice dei loro piccoli drammi senza esserne partecipe, e osservare la recita, la pantomima della vita da cui soltanto i bambini le sembrano immuni.\r\nLa giovane madre che l'accoglie ha labbra perfettamente disegnate con il rossetto, capelli acconciati in onde rigide, golfini impeccabili. Dietro il suo perfetto abbigliamento, però, Vivian sa scorgere la crepa, il muto appello di una donna che sembra chiedere aiuto in silenzio. Del resto, questo è il suo lavoro: prendersi cura della vita degli altri.\r\nL'accordo arriva in fretta. A lei basta poco: una stanza dove raccogliere le sue cose; una città, come New York, dove potere osservare le vite incrociarsi sulle strade, scrutare mani che si stringono, la rabbia di un gesto, la tenerezza in uno sguardo, l'insopportabile caducità di ogni istante. Ed essere, nello stesso tempo, invisibile, sola nel mare aperto della grande città, a spingere una carrozzina o a chinarsi per raddrizzare l'orlo della calza di un bambino.\r\nScrutare i gesti altrui e guardarsi bene dall'esserne toccata: questa è, d'altronde, la sua esistenza da tempo. Troppe, infatti, sono le ferite che le sono state inferte nell'infanzia, quando la rabbia di un gesto - di sua madre, Marie, o di suo fratello Karl, animati dalla medesima ira nei confronti del mondo - si è rivolta contro di lei.\r\nSola nella camera che le è stata assegnata, Vivian scosta le tende dalla finestra, lancia un'occhiata al cortiletto ombroso e spoglio nel sole morente di fine giornata, estrae dalla borsa la Veronasua Rolleiflex e cerca la giusta inquadratura per catturare il proprio riflesso che appare contro l'oscurità del vetro.\r\nÈ il solo gesto con cui Vivian Maier trova il suo vero posto nel mondo: stringere al ventre la sua macchina fotografica e rubare gli istanti, i luoghi e le storie che le persone non sanno di vivere.
EUR 15.68
Sulla motocicletta
Amorevolmente curato da Maria Nadotti, questo libro è un omaggio all'arte di guidare la motocicletta secondo John Berger, offerto a tutti coloro che ne condividono in qualche modo l'«esperienza di libert໫Sulla motocicletta raccoglie scritti e contributi del grande romanziere, pittore e critico d'arte inglese. Per Berger quella per la moto era una passione tra le tante, nata durante il servizio militare nell'esercito e mai più abbandonata» - Benedetta Marietti, Il VenerdìGuidare una motocicletta non ha niente a che fare con la velocità. È un'esperienza intensissima di libertà psichica e fisica\r\nNel 2002, in un'intervista a una stazione radio di Los Angeles, John Berger descrive così la sua passione per la motocicletta, sorta durante il servizio militare nell'esercito britannico - lo destinarono al compito di "staffetta", di addetto al recapito di messaggi - e mai più abbandonata, tanto che, ad Antony, alle porte di Parigi, lo si vide, quasi novantenne, dare lezioni di guida alla figlia sedicenne dell'amica Tilda Swinton. Guidare una moto, per Berger, è «un'esperienza intensissima di libertà psichica e fisica» poiché è un'arte che «differisce da ogni altro tipo di guida». Un'arte «spinoziana» - come scrive Andy Merrifield in questo volume, ricordando come Spinoza impregni ogni gesto reale e il pensiero di Berger - perché «interessa l'intero corpo e il suo istintivo senso di equilibrio». Con la sua meccanica e le sue due instabili ruote, la moto è, per Berger, mezzo di trasporto d'elezione, ma anche metafora, esca al lavoro congiunto di corpo e mente, strumento di ricerca e di piacere che implica costantemente una perfetta coincidenza tra occhio e mente, mano e cuore.
EUR 11.88
L' uomo che scrisse la Bibbia
Questo romanzo narra la storia di William Tyndale il Traduttore, l'uomo che scrisse il libro più letto nella storia dell'Occidente: la Bibbia in inglese.\r\n«Stai molto attento a ciò che fai entrare in quella testa, perché non potrai mai più tirarlo fuori» - Thomas Wolsey\r\n«Gli eroi sono quelli che dedicano la vita a qualcosa di più grande di loro» - Joseph Campbell\r\nÈ una storia popolata da sicari, vescovi oltranzisti, avidi mercanti, subdoli traditori, alchimisti e re, e ambientata in una delle epoche più turbolente, complesse e avvincenti che l'Europa abbia conosciuto: la prima metà del Cinquecento, il secolo che si apre con la scoperta dell'America, la Riforma luterana e la definitiva spaccatura fra Oriente e Occidente. Narra di un genio che osò scrivere la Bibbia come se fosse la prima volta, nella lingua del popolo e non dei potenti, e che, così facendo, inventò l'inglese moderno, la lingua di Shakespeare. Dalla sua penna sono scaturiti neologismi come «il sale della terra», «i segni dei tempi», «capro espiatorio» e frasi piene di ritmo che Tyndale afferra «a orecchio» dalla gente comune, dal modo di esprimersi di quei commercianti, tessitori, marinai, tosatori, sarti e venditori di stoffe che ha conosciuto da ragazzo, nel Gloucestershire, la terra di confine affacciata sul mare dove è nato e cresciuto. È, infine, il racconto di un viaggio, avventuroso e insidioso come quello dei primi esploratori, che porta da una lingua misteriosa, l'ebraico del Vecchio Testamento, a una lingua non ancora nata. Un viaggio in cui, per un libero pensatore alle prese con i demoni della propria creatività, per un rivoluzionario braccato da potenti nemici, il prezzo da pagare è sempre molto alto.
EUR 16.15
Il silenzio nella storia del cristianesimo
Un libro sorprendente per erudizione e forza dell'argomentazione, un'opera che sfida la nostra visione della spiritualità e illumina, in maniera originale, l'importanza del silenzio nell'esperienza religiosa.\r\n«Nelle mani di MacCulloch, il silenzio assume un nuovo significato» - Harper's Magazine\r\n«Meravigliosamente scritto, denso di realtà, uno sguardo intellettualmente sofisticato sugli usi teologici e sugli abusi del silenzio» - New York Magazine\r\n«Una panoramica stimolante e radicale» - Publishers Weekly\r\nLa storia delle religioni offre numerose e dotte opere sul silenzio. Raramente, tuttavia, caratterizzate dalla forza e dalla limpidezza con cui Diarmaid MacCulloch narra, in questo libro, del ruolo vitale del silenzio nella storia della cristianità. Come parlare con Dio? Le nostre preghiere hanno maggiori possibilità di essere ascoltate se le proferiamo in silenzio a casa o ad alta voce in chiesa? Inoltre, come possiamo realmente sapere che Dio le ascolti? Queste domande, poste agli albori della cristianità, hanno attraversato i secoli e stabilito, nelle differenti risposte e nelle dispute da loro generate, i confini propri della fede cristiana e la lingua stessa delle invocazioni per ottenere la guida o il perdono di Dio. MacCulloch mostra come il Cristo stesso abbia enfatizzato il silenzio come una parte essenziale del suo messaggio, rintraccia l'influenza esercitata dai primi mistici in Siria, che si fecero «stranieri al mondo», sulle grandi comunità monastiche europee sorte in epoca medievale, e non si sottrae al compito di esaminare le forme più oscure del silenzio religioso, dall'occultamento delle violenze sui minori da parte dei preti nella Chiesa cattolica al rapporto di tutte le Chiese occidentali con l'Olocausto degli ebrei durante il nazismo e dopo - per i tredici anni postbellici del suo pontificato, Pio XII osservò un assoluto silenzio sulla Shoah - fino all'atteggiamento dei cristiani nei confronti della schiavitù, soprattutto quella disumana degli afroamericani.
EUR 20.90